“L’idea
di questo lavoro”, afferma
Gabriele
Basilico (Milano, 1944),
“nasce
nel 2005 da un confronto con il curatore Umberto Zanetti e dal mio desiderio di
documentare la metamorfosi del paesaggio moscovita. Nel 1993 avevo visitato
Mosca professionalmente, ma non avevo potuto immergermi nella sua struttura
urbana”. Con questa nuova serie di
lavori il fotografo milanese tenta di colmare questa lacuna.
Il
punto di partenza è rappresentato dalle sette torri staliniane presentate da
Basilico secondo una serie di scatti frontali in bianco e nero. I sette edifici
rappresentano un punto di osservazione privilegiato
“dal quale godere di una
lettura a 360 gradi della capitale e realizzare delle fotografie documentarie”, secondo il duplice fine di dar vita a una
rilettura dell’identità delle torri in qualità di elementi storici e urbani e
di ritrovarne un
“nuovo senso legato a una nuova percezione all’interno di
un piano urbanistico esteso dalla città al territorio, registrando con le
riprese a colori le mutazioni avvenute”.
L’obiettivo di Basilico restituisce un susseguirsi di strade estese
e trafficate che si snodano lungo edifici storici e storicisti, aree
cantierizzate, palazzine in stile sovietico e insegne pubblicitarie.
L’idea
iniziale, seppur suggestiva ed affascinante dal punto di vista urbanistico, si
rivela essere anche il grande limite di questa serie, che rispetto ai lavori
precedenti dell’artista perde in efficacia e incisività.
La
visione dall’alto a partire da punti strategici sembra essere la più adatta per
documentare le trasformazioni urbane di una grande metropoli, riuscendo ad
abbracciarle in pochi sguardi. Tuttavia restituisce una visione superficiale,
che fatica a mostrare e indagare in maniera compiuta le stesse trasformazioni
urbane. Le torri finiscono con l’impedire a Basilico di compiere
un’osservazione approfondita; invece di fornire una visione privilegiata,
ingabbiano la visione del fotografo, che risulta prigioniero di un progetto
affascinante dal punto di vista teorico, ma che mostra i suoi limiti in sede
applicativa.
Dove
invece il fotografo milanese può operare con maggior libertà raggiunge
risultati di grande rilievo, come nella serie
Milano. Ritratti di fabbriche
1978-1980, ormai divenuta un vero
e proprio classico.
Gli
edifici industriali nelle fotografie di Basilico danno vita a ritmi di forme
geometriche pure o conquistano lo spazio con la loro forza plastica, acquisendo
un nuovo fascino ed esprimendo una bellezza formale intrisa di sentori
metafisici e di un sentimento quasi elegiaco per una cultura industriale giunta
al tramonto, nell’ambito di una città che si sta ormai convertendo al
terziario.
Questa
serie risulta quasi giustapposta a quella moscovita; il percorso espositivo
avrebbe forse potuto enfatizzare in misura maggiore i nuovi sviluppi del
percorso artistico di Basilico – il passaggio al colore, il ricorso alla veduta
panoramica, la ricerca di “dinamismi visivi” con l’inclinazione dell’immagine –
dando così vita a un confronto più articolato e serrato.