Sulla scia dell’incalzante
interesse artistico nei confronti delle metamorfosi sociali e delle prepotenti
realtà economiche che incombono sull’Occidente, arriva a Milano la prima
personale di
Hugo Tillman (Londra, 1973; vive a New York), il fotografo inglese che
ha dedicato tre anni di lavoro alla realizzazione di due cicli fotografici
focalizzati sulla ricerca dell’identità.
Analizzati e scorporati con il
rigore della psicoanalisi, i personaggi che Tillman indaga provengono da mondi
opposti, eppure specularmente vicini: reduci da un passato inglorioso di
soprusi, promossi a nuove potenze mondiali o almeno sulla strada per poterlo
anche solo immaginare, questi due popoli – cinese e cubano – rappresentano mondi
enigmatici da scoprire.
Per questo l’artista decide che il
progetto non può che essere elaborato in loco, conoscendo e indagando in prima
persona quelle diversità che stanno spiazzando il resto del mondo e che lui
stesso ignora.
Per
Film Stills of the Mind, la serie realizzata in Cina fra
il 2005 e il 2007, Tillman escogita un processo di elaborazione che prende il
via dall’incontro con 76 artisti (quasi tutti curiosamente presenti nella
contemporanea mostra milanese presso Palazzo Reale,
Cina. Rinascita
Contemporanea)
del panorama contemporaneo cinese, che a lui parlano e raccontano episodi della
propria infanzia, incubi e fantasie: poetica l’immagine del pittore
Zhang
Xiaotao che
rievoca, immergendosi nell’acqua fra le carpe, il desiderio infantile di
trasformarsi in pesce per sopraffare il fiume Yangtze.
Concettualmente, il
progetto prende le mosse dalla storia dell’artista narrante per poi lasciarsi
rielaborare dalla mente di un altro artista, in una sorta di creazione – o
reinterpretazione bipolare – al quadrato. Sono scatti, quasi dei fotogrammi,
che paiono rubati a un set cinematografico studiato in ogni minimo dettaglio.
Allo stesso modo, il successivo
ciclo
Daydreams of Mine (2008) prende in esame un’altra dimensione, Cuba, recentemente attiva
nel processo di modernizzazione sociale con aperture verso argomenti fino a
poco fa tabù, come l’omosessualità. Per Tillman l’isola caraibica incarna lo
scenario in cui tradizione e presente convivono placidamente in un intreccio
curioso di figure caricaturali che si muovono in palazzi corrosi dal tempo e
joie
de vivre che
lascia correre e fa dimenticare la povertà, secondo l’immagine cara all’Occidente.
Nel panorama artistico
contemporaneo, così fermamente deputato a denunciare i ritmi frenetici del
giorno d’oggi, l’opera di Tillman è un piacere che va meditato e assaporato
come un lungo viaggio, fra le righe di una storia, attraverso i colori di una
fotografia.