Il mito di Diana e Atteone spiegato da Klossowski, la follia del pittore Strauch raccontata da Thomas Berhnard e ora la prima delle lezioni americane di Italo Calvino. Bernardi Roig (Palma de Mallorca, 1965; vive tra Madrid e Binissalem, Mallorca) ha reinterpretato più volte motivi letterari cogliendone spunti di ispirazione -come nel suo impossibile ritratto della Catherine Lescault di Balzac- e possibilità di riorganizzazione dei suoi lavori e di allargamento del loro significato.
Alla Galleria Cardi sono in mostra alcune delle opere più conosciute dell’artista spagnolo, caratterizzate dalla costante presenza di accecanti luci al neon. I Light Exercise diventano per l’occasione un tentativo di leggerezza, ripercorrendo il filo della prima delle lezioni americane preparate da Calvino poco prima di morire. Light e Lightness, luce e leggerezza, vengono apparentate non più soltanto dall’inglese, ma da una sorta di compito a loro attribuito. In un’epoca di esibizionismo e narcisistica volontà di apparizione, un tempo di indiscrezioni e curiosità vouyeristiche, Bernardi Roig sottolinea come si sia smarrita la capacità di vedere davvero. Il nostro sguardo è stato impoverito da un uso distorto, che l’ha reso incapace di testimoniare e di essere partecipe di ciò che vede, semplice spettatore indifferente, abituato ad ogni tipo di spettacolo.
I fantocci di Roig sono illuminati da neon violenti che li costringono a tenere gli occhi serrati, sono costretti a guardare soltanto dentro se stessi. Sono isolati, soli e non considerati. La stessa luce che li acceca li rende anche difficilmente distinguibili, ne appiattisce le forme, rendendoli incapaci di apparire. Eppure, la loro condizione li rende in grado di guadagnare uno spazio per l’int
La stessa luce al neon ferisce anche gli occhi dello spettatore, non illumina ma acceca e impedisce di vedere l’opera che gli sta di fronte. Ma proprio in questa cecità lattea ci viene data la possibilità di ripensare a noi stessi, di scavare più profondamente per recuperare una dimensione in cui ritrovarci. È in questo il segreto della leggerezza, in una pensosità che permette a Guido Cavalcanti di librarsi con un balzo in aria per evitare la monotonia della mondanità dei giovani del suo tempo. La novella di Boccaccio, citata da Calvino nella sua conferenza, presenta un rovesciamento analogo a quello compiuto dall’artista spagnolo. Se per salvare il nostro sguardo abbiamo bisogno di essere accecati, allo stesso modo per perdere peso dobbiamo smettere di considerare con leggerezza il nostro mondo e guardarlo “eroicamente”. Senza trascurarne “la pesantezza, l’inerzia e l’opacità”.
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