In occasione della
Festa del Cinema e di
Panoramica, rassegna che porta a Milano alcuni dei migliori film degli ultimi festival cinematografici di Venezia e Locarno, il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo porta al centro della scena cittadina una selezione di opere dedicate al mondo del cinema del celebre reporter
Federico Patellani (Monza, 1911 – Milano, 1977).
Il museo possiede l’intero archivio dell’artista, composto da oltre 700mila scatti che vanno dal 1935 al 1976, e per la mostra ha selezionato 35 fotogrammi di raro fascino. Ritroviamo intatta l’immagine dell’Italia del dopoguerra, così come ci è arrivata attraverso film dai titoli notissimi e i volti, appunto, degli attori più famosi. Sono anche gli anni del Neorealismo, che fanno conoscere il cinema italiano in tutto il mondo, anni in cui l’attività di Cinecittà è al suo apice.
È proprio nel segno della qualità che ha contraddistinto quest’arte e quelle a essa connesse (si pensi alla scuola di doppiaggio) che Milano ha cercato di offrire una manifestazione di alto livello, che tiene conto della sua storia ma che mette in scena il nuovo.
In questo contesto si inserisce la mostra
Volti, che è insieme un tratto di continuità rispetto alla rassegna e un omaggio a un altro maestro del passato recente.
Molte le immagini realizzate sul set di film famosi (come
La Lupa e
Stromboli) di cui Patellani è stato fotografo di scena; altrove, ritratti di attori e registi in momenti inediti, quasi privati. Spesso è il côté informale di situazioni ufficiali, in cui il fotografo ci permette di “sbirciare”, come nelle immagini realizzate durante il concorso di Miss Italia, o gli attori durante una pausa delle riprese, o ancora un episodio insolito, curioso, come Totò che gioca con dei bambini, ai giardini pubblici, con uno specchio deformante.
Si tratta di fotografie intense e insieme delicate, che appaiono familiari seppur lontane nel tempo. Ma non si ha l’impressione di uno sguardo nostalgico, piuttosto della capacità di raccontare qualcosa di una società, di un’epoca, di un’atmosfera e al tempo stesso di comunicare con quella attuale. Molti infatti i passanti che dedicano qualche attimo a osservare le immagini e talvolta addirittura a fotografarle, attratti anche dalle curiose didascalie che riportano aneddoti sconosciuti o dimenticati.
Certo viene dedicato meno tempo all’osservazione della costruzione sapiente e calibrata dell’immagine, disinvolta ma non banale, e della luce che in modi estremamente vari incide le forme, i volti e gli ambienti. È una fotografia poco chiassosa, che non si impone per soluzioni impreviste, anche perché i soggetti sono capaci da soli di catturare l’attenzione. Ma proprio in questa simulata facilità si nasconde una profonda armonia.
L’allestimento si distingue per l’adesione al progetto
Impatto Zero di LifeGate: il Museo di Fotografia Contemporanea ha infatti progettato le strutture espositive con pannelli solari fotovoltaici.