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La Triennale di Milano è la prima istituzione italiana ad ospitare una personale di Ben Rivers. Artista e filmaker di origine inglese – classe 1972 – vive e lavora a Londra; studia Belle Arti alla Falmouth School of Art nel 1993 e tre anni dopo diventa direttore della Brighton Cinemateque per un decennio, dove arricchisce il proprio bagaglio di esperienze. La sua carriera artistica prende avvio dal 2003, iniziando ad esporre in alcune importanti realtà, quali per esempio la Renaissance Society di Chicago, la Kunstverein di Amburgo e il Camden Arts Centre di Londra. Spicca anche in alcuni festival cinematografici, tra cui numerosi Film Festival – come quelli di New York, Toronto, Hong Kong, Locarno, Rotterdam e Londra – la Mostra del Cinema di Venezia e Doclisboa. Rivers presenta qui in Triennale la mostra “Phantoms”, a cura di Lucia Aspesi, curatrice indipendente e assistente curatoriale all’Hangar Bicocca. Troviamo la sala a lui dedicata al primo piano della fondazione – di fronte al ponte che ci congiunge con il Triennale Design Museum – dove tre monitor proiettano a tempi specifici i suoi lavori video. Lo stesso titolo di mostra ci suggerisce un’ evanescente filo rosso che fa da legante tra le tre (apparenti) storie visive. Da qui fa capolino un “narratore inattendibile”, con il quale iniziamo un muto gioco d’intesa: il fruitore sa della finzione, eppure cerca di capire e d’intessere una rete di relazioni logiche tra le immagini. Il tema madre attorno al quale Rivers costruisce la propria poetica visivo-concettuale è la memoria, che nell’essere umano risulta, occorre ricordare, manipolabile e fittizia.
Nel primo lavoro si parte affrontando una memoria arcaica, che strizza l’occhio agli archetipi di junghiana memoria: all’ingresso, con il primo film The Shape of Things (2016), sono ripresi alcuni oggetti provenienti dalla collezione etnologica dell’Harvard Art Museums: una scultura ermafrodita di epoca bizantina e una brocca antropomorfa della Cina neolitica sono accompagnate dalla voce del poeta americano William Bronk che legge il suo componimento At Tikal. Le parole dell’autore inducono lo spettatore a interrogarsi sul desiderio di rappresentare la propria identità attraverso un ciclo continuo di creazione, distruzione e rinnovamento. Invece, in Phantoms of a Libertine (2012), ispirato a Voyage on the North Sea (1974) di Marcel Broodthaers, ritroviamo alcuni indizi sulla vita passata di un uomo, tramite dettagli presi da un album di viaggi per creare una biografia dai tratti onirici e quasi irreale. Infine Things (2014) catapulta la nostra attenzione – come in una sorta di videogioco – all’interno del mondo stesso dell’artista. Inizia così una sorta di tour all’interno della sua casa, dove vengono ripresi frammenti di oggetti, immagini e suoni, raccolti nel corso con gli anni, varcando il confine tra viaggio reale e immaginifico, tra fantasia e memoria collettiva. L’insieme di ciò che si sente e si vede è una relativa coralità che si muove all’interno di una struttura aperta all’errore, dove realtà e immaginazione si confondono. Così facendo si vanno via via a creare figure e storie apparenti, giocando sul significato di collezione: quella privata e pubblica, quella istituzionale e personale, che a loro volta fondano le proprie radici su di una memoria collettiva e su di una privata.
Micol Balaban
mostra visitata il 20 aprile
Dal 21 aprile al 28 maggio
Ben Rivers, Phantoms
La Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
20121 Milano
Orari: dal martedì a domenica dalle 10:3 alle 20:30
Info: T. +39 02 724341, www.triennale.org