Ci sono tanti modi per fare una “grande mostra” in Italia. Quello più abusato è il ricorso al nome a caratteri cubitali di un artista assai popolare tra il grande pubblico di non specialisti, che quindi si riversa attirato dalla fama del genio felice di poter sfoggiare qualche pallido ricordo scolastico. Poco importa se poi dell’artista in questione si propongono effettivamente solo due o tre opere celebri e importanti: il resto sono una massa di lavori minori o minorissimi, quasi del tutto sconosciuti, messi insieme solo per far numero o far crescere il valore di qualche collezione privata. Il successo al botteghino di tali mostre, i dati insegnano, è di solito molto alto, mentre la qualità generale della proposta e la sua importanza scientifica sono il più delle volte pari allo zero.
È stato così, anche a Palazzo Reale di Milano, tante, troppe volte. Non è così, e non può esserlo, per la grande mostra di Leonardo (di cui abbiamo già parlato su questa stessa testata). E non è così, né può esserlo, con l’altra grande esposizione “gemella”, quella dedicata all’arte lombarda durante la dominazione dei Visconti e degli Sforza. Una mostra massiccia, completa, di contenuto, ben allestita, ottimamente curata, con tanti capolavori noti e non, e che ha il pregio di incantare non solo gli occhi, ma anche la mente.
Curata da Mauro Natale e Serena Romano, alla testa di un’équipe multidisciplinare di studiosi, “Arte lombarda dai Visconti agli Sforza. Milano al centro dell’Europa” arriva a fare il punto delle conoscenze e delle acquisizioni maturate in quasi sessant’anni di approfondimenti aperti da quella che fu la “pietra miliare” del campo: la grande mostra, quasi omonima, “Arte lombarda dai Visconti agli Sforza” (e l’omaggio-citazione dell’odierna, ovviamente, è voluto). A concepirla fu allora Roberto Longhi, la direzione affidata a Gian Alberto Dall’Acqua, il catalogo pubblicato da Amilcare Pizzi / Silvana Editoriale in tre diverse uscite. Era il mese di aprile del 1958 e le sale di Palazzo Reale ancora ferite dalla Guerra accoglievano una serie impressionante di opere messe assieme con intelligenza e passione, come illuminate da una stella polare: emanicipare, finalmente, l’arte lombarda da un secolare complesso di inferiorità che la voleva subordinata a quella delle altre regioni, la Toscana in primis. E mostrare come invece anche all’ombra del Duomo che nasceva proprio in quegli anni per volontà di Gian Galeazzo Visconti (poi continuato dai successori) dimorava, eccome, il genio.
La mostra – insieme con quella del 1948 a Zurigo curata da Ettore Modigliani e da Fernanda Wittgen – riuscì nel suo intento e aprì la strada, negli anni a venire, a molti importanti contributi che avrebbero esaminato il contesto storico-culturale e artistico dell’età visconteo-sforzesca dai più diversi punti di vista: dalla pittura alla scultura, dall’oreficeria alla miniatura, senza dimenticare l’apporto dei singoli grandi come Giotto, Bramante, e ovviamente Leonardo.
L’esposizione in corso oggi a Palazzo Reale, di cui dà conto l’imponente catalogo edito da Skira, è strutturata in cinque sezioni che si susseguono in ordine cronologico lungo i due secoli di storia lombarda: dall’anno 1277, quando Ottone Visconti prese il potere a Milano, fino al culmine toccato con Ludovico il Moro, e la caduta del Ducato (1499) in mano ai francesi. Il fil rouge è rappresentato dalla corte, luogo di mecenatismo e di confronto, crogiolo di creatività ma anche fucina dell’immagine, tanto cara al Rinascimento, del “principe”. Il rapporto tra corte e artisti è bivalente: è grazie alla corte se gli artisti operano e arricchiscono il Ducato di tanti capolavori, ma è grazie agli artisti che il principe può accreditarsi nel contesto politico internazionale come uomo di cultura e amante delle arti ma anche come uomo di potere, e risplendere per sempre attraverso il suo evergetismo.
Tantissimi sono, tra le 250 opere esposte, i capolavori: il San Pietro martire di Giovanni di Balduccio, gli eccezionali Pleurants e il Cristo deposto di Jacopino da Tradate, l‘Incoronazione di Cristo di Bonifacio Bembo finalmente affiancato dalle due pale di Denver che ne costituivano l’originario Polittico, qui ricomposto; il San Bernardino da Siena di Vincenzo Foppa, le magnifiche tele del Bergognone, i coloratissimi libri miniati, gli avori cesellati con certosina sapienza. Presenti tutti i maggiori nomi operanti sulla scena di allora: Michelino da Besozzo, Gentile da Fabriano, Pisanello, il Foppa, Boltraffio, De Predis… Tra le chicche segnaliamo la pesantissima e magnifica lastra tombale di Bianca di Savoia, opera di Giacomo da Campione, il libro di Ore all’uso degli Umiliati con iconografia da Bergognone, prestito della British Library di Londra e mai esposto prima, le tavole di Bernardino Butinone di solito inaccessibili perché in collezioni private, la Madonna con Bambino e angeli (1460-70) di Zanetto Bugatto dalla Collezione Villa Cagnola di Gazzada (Va), che ritrova gli altri componenti del Polittico originale, attualmente in collezione privata, che viene qui ricomposto e attribuito in toto all’autore.
La mostra si chiude tra le suggestioni leonardesche degli allievi del genio toscano: visitarla è dunque utilissimo prologo per proseguire con la grande mostra dedicata al Maestro, allestita sempre a Palazzo Reale poco più in là.
Ne esce riveduto il concetto, abbozzato proprio dalla mostra del 1958, di arte “lombarda”: non più intesa come mera manifestazione identitaria di una regione culturalmente e politicamente compatta, ora è declinata come un’espressione che, pur ben radicata in un preciso contesto, si ritrova al centro di dinamiche ben più vivaci e complesse, dove scambi e contaminazioni, incontri e scontri sono all’ordine del giorno. Da Milano gli artisti venivano mandati a studiare nelle Fiandre e ritornavano arricchiti di know how, esperienza, bagaglio culturale ed estetico. Rinomata ovunque era l’abilità degli artisti lombardi – artigiani, orafi, miniaturisti, armaioli, artisti delle vetrate – al punto da creare un vero e proprio marchio di eccellenza – “ouvraige de Lombardie”, di fatto “Made in Lombardy”… – con commissioni che arrivavano da ogni dove. Tutt’altro che manifestazione regionale o peggio ancora provinciale, l’arte lombarda dell’epoca visconteo-sforzesca è dunque, veramente e per la prima volta, un’arte internazionale, pienamente e totalmente europea. Può dirsi altrettanto quella contemporanea?
Elena Percivaldi
mostra visitata il 17 maggio
Dal 12 marzo al 28 giugno 2015
Arte lombarda dai Visconti agli Sforza
PALAZZO REALE
Piazza del Duomo 12, Milano
Info:www.viscontisforza.it