Stanchi, quasi nauseati, dall’enorme mole di opere iperrealiste viste nell’ultimo decennio? Concedete una possibilità a Elmgreen & Dragset (Michael Elmgreen & Ingar Dragset Danimarca, 1961 / Norvegia 1969, vivono a Berlino), duo di geniacci dell’arte contemporanea.
I milanesi si ricorderanno di loro per la roulotte sbucata nel bel mezzo della Galleria Vittorio Emanuele grazie ad un intervento promosso dalla Fondazione Trussardi nel 2003. Nel caso della personale presso De Carlo, di tutt’altro tenore rispetto alle opere precedenti del duo, allo spettatore viene somministrata una sorta di calma apparente, che nasconde una complessa –seppur non originalissima- riflessione sulle dinamiche del contemporaneo.
Iperrealismo, si è detto: se le sculture di Duane Hanson prendevano vita in virtù della connotazione di classe, e i cyborg di Aziz+Cucher si relazionavano al mondo esterno inglobando nel proprio corpo elementi tecnologici, Elmgreen & Dragset danno vita ad un vero e proprio personaggio artificiale “vivente”. Si tratta del ventenne Andrea Candela, un manichino di cera che più lo si osserva più ci appare vivo e reale.
L’avatar Andrea viene presentato in tre versioni parallele: abbiente, middle-class e studente squattrinato. Andrea 1, figlio di famiglia agiata, è disteso sul letto davanti al computer (uno stiloso portatile Apple, of course), vestito alla moda. C’è un confortevole caminetto, la foto dei genitori spicca sul ripiano, l’espressione è noncurante. La stanza di Andrea middle-class è piena dell’armamentario di un ventenne medio: chitarra Fender, scarpe da ginnastica, preservativi, giornali musicali. Andrea 3 vive in un alloggio studentesco piuttosto misero e sotto il letto ha un mucchio di domande di lavoro.
Il personaggio, in tutte e tre le sue versioni, si rapporta con il mondo esterno tramite un oggetto tecnologico, rispettivamente il computer -aperto sulla chat per incontri omosessuali Gayromeo-, l’I-Pod e il cellulare. Ecco il punto: Elmgreen & Dragset praticano un iperrealismo sociale: i personaggi prendono vita non solo per le loro fattezze, ma perché realmente collegati al mondo esterno. La chat è tenuta costantemente accesa e aggiornata, in modo che Andrea Candela 1 possa “davvero” fare conoscenze on line; l’I-pod è sempre in funzione con la musica preferita di Andrea 2; le iscrizioni alla palestra e all’Atm sono state fatte realmente e intestate ad Andrea Candela. Il telefonino di Andrea 3 viene continuamente fatto squillare e le candidature di lavoro sono state effettivamente spedite, e in molti casi sono pervenute anche le risposte, persino un’assunzione.
Quali sono le caratteristiche di Andrea e del tempo in cui vive? Come scrivono gli artisti stessi nel testo critico, “il suo corpo si è dissolto, è membro di una forza lavoro incorporea, la sua identità può essere modellata da qualsiasi cosa gli passi davanti; vive in una società post-umana, post-sessuale, post-individuale”. Proprio qui sta il punto debole della mostra: soddisfacente dal punto di vista formale, ma poco penetrante nell’analisi del fenomeno di alienazione, molla concettuale di tutto il progetto.
stefano castelli
mostra visitata il 5 luglio 2006
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premesso che non ho visto la mostra. dunque sarebbe meglio tacere.ma ora gira così...inannazi tutto ottima recensione. mi permetto di sottolineare come l'analisi della società che stanno facendo elmgreen e dragset sia davvero interessante e , sempre a mio modesto avviso, tra le più profonde e aderenti delgli ultimi dieci anni. sì, perchè se da una parte serve andare oltre catelan, nel senso che è tempo di tirar le somme e procedere ad altre riflessioni, è pur vero che questi due artisti s'impongo per parlare in maniera non mediata di temi sociali. propongono una formalità molto europea, e non pare abbiamo intenti di denuncia d'alcun tipo. cercerò d'andar a vedere la mostra, ma trovo illuminante ed estremamente contemporaneo proporre ai visitatori una riflessione propria come sembra gli artisti abbiano fatto. saluti
Anch'io ritengo interessante l'"analisi" di E.&D., la mia critica di poca "profondità" si riferisce esclusivamente alla mostra attuale, nelle opere precedenti l'insieme di forma e funzione era molto più riuscito.
Questo parziale "stop" non toglie nulla all'estremo interesse del corpus degli artisti. Inoltre, come dico nella recensione, anche in questa occasione la "forma" è molto interessante.