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1974) torna a Milano con un nuovo progetto ispirato
alla Battaglia di San Romano di Paolo
Uccello, opera del tardogotico fiorentino in cui il pittore, già sperimentatore
di accorgimenti prospettici, adotta la perspectiva naturalis in luogo della perspectiva artificialis
per ottenere quegli sfaldamenti del punto di vista e delle proporzioni
“regolamentati” dalla tecnica prospettica incentrata su un unico punto di fuga.
Con Thishumanity
– che a livello fonetico suona come “disumanità”, slittamento semantico che
già diede l’impronta di sé al progetto Thisoriented, presentato
in occasione della Biennale
veneziana del 2009 – l’artista romano realizza una battaglia al femminile in
un’opera molto vicina alla staged photography. E, grazie
all’ausilio di tecniche fotografiche digitali di postproduzione,
la costruisce con la stessa perspectiva naturalis della Battaglia di San Romano, posponendo però
nel tempo l’azione e inquadrandola nel momento successivo allo scontro.
Qui
protagoniste sono donne perché, afferma Basilè, “è
una battaglia al femminile: donne che combattono altre donne per ritrovare, in
questo gesto estremo, l’identità ormai persa nel tempo. Identità femminile di
donna, madre e poi guerriera, ma mai uomo”.
Thishumaity è dunque il primo capitolo di un tributo alla donna vista sub
specie aeternitatis. Che fissa ab aeterno donne in guerra con altre
donne nella scena madre della
battaglia esposta nell’”andito” dello spazio espositivo milanese e donne
individuate e singole, raffigurate in una serie di ritratti dove le modelle
rappresentano donne colte alla fine dello scontro, con le loro lacerazioni che
sono anche le lacerazioni dell’idea universale di donna.
Il
retroterra strettamente concettuale del progetto non brilla per originalità: il
pericolo pressante di una mostra incentrata sul valore simbolico della donna
consiste nel rovesciare la stimmate dell’enclave
culturale proprio su ciò che si vorrebbe difendere. E del resto, se l’idea è
forte non urge difenderla. Il lavoro nel suo complesso è superlativo: un progetto
che, quale che sia la modalità teoretica con cui ci si relaziona al relativo
retroterra concettuale, mostra la propria fedeltà al presente interrogandoci
sul problema identitario, che rappresenta il problema della contemporaneità mondializzata.
D’altro
canto, il “pretesto” storico/artistico di Paolo Uccello occasiona interessanti
confronti fra linguaggi del passato e tecniche del presente, nonché recondite
armonie nella sperimentazione con gli strumenti offerti dai rispettivi codici
espressivi: forse uno sguardo da nessun luogo proiettato su un modo altro di concepire la pittura? Ad ogni
modo, il risultato finale è eccellente: la Galleria Pack ci ha abituati a
magnifici ordinamenti espositivi e questo non fa eccezione.
Tuttavia,
è proprio la bellezza di queste immagini a incarnare un problema d’ordine
puramente estetico: l’impressione è infatti che si tratti di una bellezza poco
spontanea e troppo elaborata, affine all’ostensione patinata dell’immagine
proclive al titillamento retinico e a un’estetica forse un po’ facile.
Aspetiamo Matteo Basilè al prossimo passaggio.
Basilè
a Roma
Alla
Biennale del 2009
Basilè
nel 2008
mostra visitata il 24 novembre
2010
dal 23 novembre 2010 al 29 gennaio 2011
Matteo Basilè – Thishumanity
Galleria
Pack
Foro Buonaparte, 60 (zona Castello) – 20121 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 13-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0286996395; fax +39 0287390433; galleriapack@libero.it;
www.galleriapack.com
[exibart]
Vivaddio…finalmente qualcuno che dice quello che pensa (ma soprattutto che pensa)!!!
lavoro alquanto ruffiano (noioso e scontato)
Io invece trovo che è questa critica ad avere un problema d’ordine puramente estetico. Il testo ripropone un tipo di riflessione pieno di titillamento ideologici arcinoti in antitesi a qualsiasi forma strutturata dell’arte. La bellezza estetica non è mai troppo facile, magari la bruttezza.
roba orribile curata da Beluffi e’ veramente qualcosa di tremendo
http://www.lobodilattice.com/arte/index.php
copertina numero 163 Piero Mezzabotta a cura di Emanuele Beluffi.
certo la critica a basile’ potrebbe anche starci, ma poi se si vanno a curare cose tipo questa c’e’ da vergognarsi!
E’ molto interessante.
Quella della guerra fra donne è una piaga aperta, nonostante più di un secolo di cultura femminista tesa alla ricomposizione dei conflitti ancestrali sia fra donne che fra uomo-donna. In realtà, anche sotto le dimensioni più moderne e emancipate, battono pulsioni ancestrali, regressioni a condizioni ataviche, istintività non ancora consapevolmente metamorfosate in forze di pensiero, che la cultura contemporanea pare non riuscire più a metabolizzare.
La ricerca di Basilè è un raro apporto a un dibattito critico che manca e che invece dovrebbe esserci. Manca per via di una cultura sciocca, cieca e ignara delle coseguenze catastrofiche della sua stoltezza.
Ma questo è cronaca quotidiana.
E inviterei a guardare e riguardare l’arte contemporanea, non con gli occhi del mercato nè con quel criticismo acido di superficie e di pretesto, ma con quella profondità dello sguardo e quella capacità di comprensione e di relazione col mondo e con la storia che è il dire/fare dell’artista.
Mi spiace non poter essere a Milano per vederla questa mostra, spero la portino anche a Roma
Matteo Basilè davvero bravo e mille volte meglio della cosa presentata da Beluffi su quella rivista. Basilè è un professionista e si vede, non capisco come faccia Beluffi a criticarlo, forse invidia, magari la curasse lui una mostra di tale livello.