Credo che anche le star non siano interessate soltanto ad apparire belle. Qualche volta vogliono anche apparire vere. Sono parole dello stesso Rankin e riassumono in sé tutto il significato della mostra. Da più di dieci anni il fotografo inglese gira il mondo e frequenta gli ambienti della moda e del cinema: da questa enorme quantità di ritratti (raccolti in un libro, con lo stesso titolo della mostra CeleBritation) lo stesso Giorgio Armani ha scelto i 46 qui esposti.
Si potrebbe quasi dire che il “gioco” è quello di passare in rassegna volti noti, riconoscerli e vedere quale effetto inaspettato del loro carattere sia riuscito a cogliere il fotografo. Oltre al personaggio pubblico, si scorge infatti una persona vera, che prende vita attraverso gli sguardi e lascia intuire la propria personalità. D’altra parte è proprio questo l’effetto che viene richiesto al miglior ritratto fotografico: la capacità di cogliere una persona con un semplice ed unico scatto. Ciò che Rankin inserisce in più è un po’ di ironia e talvolta di irriverenza, oltre ad un ottimo rapporto di stima e fiducia con i suoi soggetti, che si evince essere alla base di tutto il suo lavoro. Ci troviamo però anche di fronte a personaggi che non hanno voluto o non hanno saputo mettersi in gioco e ci presentano il loro volto noto: lo stesso Giorgio Armani, in un bello scatto in bianco e nero, appare sicuro e fiero di sé come ce lo aspettiamo. Monica Bellucci, in una doppia immagine, è sempre la solita e bella attrice dai classici lineamenti mediterranei; anche i Rolling Stones ci appaiono irriverenti e scomposti: in fondo non è proprio questa l’immagine pubblica che ci hanno sempre
Se lo scopo dichiarato di Rankin è quello di fotografare celebrità ignorando che lo siano, alcuni scatti raggiungono pienamente l’obiettivo e sono certamente quelli meglio riusciti. Possiamo così vedere una Kate Winslet irriconoscibile, una Madonna coi muscoli tesi e il corpo nervoso, un David Bowie con denti rifatti belli in vista e profonde rughe sul viso, fino all’assurdità del ritratto di Robbie Williams su un paio di mutandine da donna o delle Spice Girls ritratte di spalle.
Benché Rankin sia stato capace di mettere a proprio agio alcuni dei più famosi personaggi del nostro tempo, i suoi scatti, stilisticamente parlando, non aggiungono però niente di più ai canoni del ritratto fotografico da studio: sfondo uniforme, luci ben posizionate, soprattutto nel
Alla fine della mostra, ben curata anche nell’allestimento, rimane però un forte dubbio: siamo sicuri che tutte queste star, che sembrano così spontanee e corrette nel mostrarsi diverse dal solito, non abbiano in realtà partecipato coscientemente alla scelta degli scatti da esporre? E che quindi anche questo mostrarsi vere, spontanee e persino brutte non sia in realtà un ulteriore modo di crearsi un’immagine pubblica, complice un fotografo che si presta al gioco e si dimostra amico?
articoli correlati
Rankin alla IX Biennale Internazionale di fotografia
link correlati
Il sito di Grazia Neri
Il sito di Rankin
Rankin works
maria cristina collini
mostra visitata il 5 marzo 2003
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Visualizza commenti
bell'articolo.
il problema sta tutto nelle foto.
se sono tutte così - come sospetta la redattrice - che cavolo di mostra sarebbe?
foto classiche, senza nessuna emozione, prive di approfondimento psicologico.
insomma: le spice girls da dietro sono davvero così comunicative? robbie williams sulle mutandine è davvero così evocativo?
lasciamo perdere terminator...
la fotografia è altro. è Erwitt! è Banier! Capa!
Loro si.
Per essere arte non basta dire "è arte" o "sto facendo arte". Non basta Armani che sceglie le foto per dire "è arte". non basta una mostra.
ci vuole altro.
l'arte ha a che fare con l'onestà intellettuale o sentimentale.
ce lo scordiamo spesso.
Sono d'accordo sul fatto che la gran parte dell'arte che sembra andare per la maggiore, quella cioè che riesce a raggiungerti anche quando tu non vai affatto a cercarla, ha un carattere essenzialmente umoristico e dissacrante. E' un po' lo spirito della nostra epoca, un' infinita elaborazione del nichilismo di fondo. D'altra parte ciò si spiega facilmente con la constatazione che disfare è assai più facile che costruire: è la legge del minimo sforzo applicata ai grandi numeri che caratterizzano la nostra società di massa. L'essenziale sembra far rumore, farsi notare a qualsiasi costo. E uan ulteriore denuncia eclatante.
... mi aggiungo a lele. Visitando il sito di Rankin non riesco che a dire: c'è di molto meglio o di molto peggio, e oltre al pregio forse che sono assai spontanee o che che ha sotto obiettivo realtà che meriterebbero di più è anche quasi tutto.
GRANDE LELE!
FINALMENTE QUALCUNO CHE DICE LA VERITA'!!!
BASTA CON QUESTE FOTO DA MAX MAGAZINE....