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fino al 29.III.2003 | Celebritation – Rankin | Milano, Armani/arte

di - 13 Marzo 2003

Credo che anche le star non siano interessate soltanto ad apparire belle. Qualche volta vogliono anche apparire vere. Sono parole dello stesso Rankin e riassumono in sé tutto il significato della mostra. Da più di dieci anni il fotografo inglese gira il mondo e frequenta gli ambienti della moda e del cinema: da questa enorme quantità di ritratti (raccolti in un libro, con lo stesso titolo della mostra CeleBritation) lo stesso Giorgio Armani ha scelto i 46 qui esposti.
Si potrebbe quasi dire che il “gioco” è quello di passare in rassegna volti noti, riconoscerli e vedere quale effetto inaspettato del loro carattere sia riuscito a cogliere il fotografo. Oltre al personaggio pubblico, si scorge infatti una persona vera, che prende vita attraverso gli sguardi e lascia intuire la propria personalità. D’altra parte è proprio questo l’effetto che viene richiesto al miglior ritratto fotografico: la capacità di cogliere una persona con un semplice ed unico scatto. Ciò che Rankin inserisce in più è un po’ di ironia e talvolta di irriverenza, oltre ad un ottimo rapporto di stima e fiducia con i suoi soggetti, che si evince essere alla base di tutto il suo lavoro. Ci troviamo però anche di fronte a personaggi che non hanno voluto o non hanno saputo mettersi in gioco e ci presentano il loro volto noto: lo stesso Giorgio Armani, in un bello scatto in bianco e nero, appare sicuro e fiero di sé come ce lo aspettiamo. Monica Bellucci, in una doppia immagine, è sempre la solita e bella attrice dai classici lineamenti mediterranei; anche i Rolling Stones ci appaiono irriverenti e scomposti: in fondo non è proprio questa l’immagine pubblica che ci hanno sempre mostrato?
Se lo scopo dichiarato di Rankin è quello di fotografare celebrità ignorando che lo siano, alcuni scatti raggiungono pienamente l’obiettivo e sono certamente quelli meglio riusciti. Possiamo così vedere una Kate Winslet irriconoscibile, una Madonna coi muscoli tesi e il corpo nervoso, un David Bowie con denti rifatti belli in vista e profonde rughe sul viso, fino all’assurdità del ritratto di Robbie Williams su un paio di mutandine da donna o delle Spice Girls ritratte di spalle.
Benché Rankin sia stato capace di mettere a proprio agio alcuni dei più famosi personaggi del nostro tempo, i suoi scatti, stilisticamente parlando, non aggiungono però niente di più ai canoni del ritratto fotografico da studio: sfondo uniforme, luci ben posizionate, soprattutto nel bianco e nero, soggetto fermo a figura intera e a mezzo busto.
Alla fine della mostra, ben curata anche nell’allestimento, rimane però un forte dubbio: siamo sicuri che tutte queste star, che sembrano così spontanee e corrette nel mostrarsi diverse dal solito, non abbiano in realtà partecipato coscientemente alla scelta degli scatti da esporre? E che quindi anche questo mostrarsi vere, spontanee e persino brutte non sia in realtà un ulteriore modo di crearsi un’immagine pubblica, complice un fotografo che si presta al gioco e si dimostra amico?

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Il sito di Rankin
Rankin works

maria cristina collini
mostra visitata il 5 marzo 2003


Celebritation – Rankin
in collaborazione con Grazia Neri
fino al 29 marzo 2003
Armani/arte, via Manzoni, 31 – Milano (MM Montenapoleone)
Orario: da lunedì a sabato 10.30 – 19.30


[exibart]

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  • bell'articolo.
    il problema sta tutto nelle foto.
    se sono tutte così - come sospetta la redattrice - che cavolo di mostra sarebbe?
    foto classiche, senza nessuna emozione, prive di approfondimento psicologico.
    insomma: le spice girls da dietro sono davvero così comunicative? robbie williams sulle mutandine è davvero così evocativo?
    lasciamo perdere terminator...
    la fotografia è altro. è Erwitt! è Banier! Capa!
    Loro si.
    Per essere arte non basta dire "è arte" o "sto facendo arte". Non basta Armani che sceglie le foto per dire "è arte". non basta una mostra.
    ci vuole altro.
    l'arte ha a che fare con l'onestà intellettuale o sentimentale.
    ce lo scordiamo spesso.

  • Sono d'accordo sul fatto che la gran parte dell'arte che sembra andare per la maggiore, quella cioè che riesce a raggiungerti anche quando tu non vai affatto a cercarla, ha un carattere essenzialmente umoristico e dissacrante. E' un po' lo spirito della nostra epoca, un' infinita elaborazione del nichilismo di fondo. D'altra parte ciò si spiega facilmente con la constatazione che disfare è assai più facile che costruire: è la legge del minimo sforzo applicata ai grandi numeri che caratterizzano la nostra società di massa. L'essenziale sembra far rumore, farsi notare a qualsiasi costo. E uan ulteriore denuncia eclatante.

  • ... mi aggiungo a lele. Visitando il sito di Rankin non riesco che a dire: c'è di molto meglio o di molto peggio, e oltre al pregio forse che sono assai spontanee o che che ha sotto obiettivo realtà che meriterebbero di più è anche quasi tutto.

  • GRANDE LELE!
    FINALMENTE QUALCUNO CHE DICE LA VERITA'!!!
    BASTA CON QUESTE FOTO DA MAX MAGAZINE....

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