Dopo la
fortunata personale di
Tobias Rehberger, Marconi figlio presenta la collettiva
Behind
the Curtain e ben
due personali, la prima della fotografa tedesca Annette Kelm, la seconda
dell’artista russa Dasha Shishkin.
Behind
the Curtain è
un’interessante collettiva dove artisti come
Rosa Barba,
John Bock e
Nathalie Djurberg sono chiamati a riflettere
attorno al tema del tendaggio, che ognuno affronta secondo il proprio stile.
Affascinante è soprattutto il lavoro dell’artista svedese, che sporca una
classicissima tenda rosa dipingendola poi con motivi floreali dalle spesse
pennellate di colore. Appesantita, la tenda rimane incollata a terra e nasconde
dietro di sé una proiezione di uno dei film dell’artista, nel quale una
flessuosa ballerina danza come la lepre marzolina fra teiere e
cupcake disposte su una tavola imbandita
che molto assomiglia a quella del Cappellaio Matto. Tutti gli oggetti le sono
però ostili e cercano di sbiancare la sua pelle d’ebano.
La sala dedicata ad
Annette
Kelm (Stoccarda,
1975; vive a Francoforte) presenta i suoi scatti dalle atmosfere rarefatte e
immote. I lavori fotografici di Kelm appaiono immediatamente nella loro
nitidezza e fissità, rappresentando in tutta la loro fisicità delle
“cose”; per esempio, in scatti come
Plates, l’artista lavora con motivi,
oggetti di design o piante che vengono estrapolati dal loro contesto usuale e
sistemati in situazioni del tutto nuove e stranamente stilizzate.
Inaspettatamente
si ritrovano su un palcoscenico dove diventano parte di un’intenzionale e
misteriosa drammaturgia. Gli oggetti vengono infatti presentati quasi
brutalmente così come appaiono, ma qualcosa circa la loro esattezza sembra non
essere completamente coerente. Se da un lato, infatti, le immagini appaiono
immediatamente evidenti e quasi ingenue, dall’altro restituiscono un senso di
straniamento che non solo mette in discussione l’oggetto, ma anche la natura
stessa della rappresentazione.
I macabri soggetti di
Dasha Shishkin (Mosca,
1977; vive a New York) occupano la sala inferiore con la loro grottesca vena
umoristica. Lavori su carta come
Ugly kids are hard to come by these days propongono orgiastiche visioni in
atmosfere vagamente asiatiche. Le forme dell’artista russa collidono in una
fusione di allegoria e fantasia, raccontando drammatiche storie di alienazione
e sfasamento. L’avvincente flusso di forme e colori e le figure che fluttuano e
si fondono insieme si sviluppano su sfondi cromaticamente molto accesi, creando
un brillio che accentua la narrazione.
I titoli
delle opere, giocosi ma allo stesso tempo enigmatici, completano l’opera. A
detta della stessa artista, “
i titoli sono come una ciliegia sulla torta. La
ciliegia non fa la torta una torta di ciliegie, ma è sempre lì ad attrarre o
distrarre l’occhio”.