C’è Jacqueline Kennedy che grida disperata mentre il marito si accascia colpito a morte a Dallas, la drammaticità della scena appena mitigata da boccioli di rosa. C’è Enrico Toti che scaglia la sua stampella contro il nemico sul fronte della Grande Guerra. E Cesare Battisti che viene impiccato nel cortile del Castello di Trento dagli austriaci, reo di tradimento e irredentismo. E poi, ancora, fatti di sangue, episodi di cronaca, personaggi illustri. C’è tutta la storia del Novecento nelle illustrazioni che furono pubblicate sulla “Domenica del Corriere”, il prestigioso e celebre inserto settimanale che il quotidiano di via Solferino mandò in distribuzione per quasi cent’anni, dal 1899 al 1989, e che oggi si rivede a Palazzo Reale in una mostra da non perdere per ampiezza ed emozioni.
Una storia legata, sovente, alle nostre memorie. E che oggi ci capita di sfogliare quando, visitando i mercatini dell’antiquariato, troviamo pacchi di questi giornali ingialliti suddivisi per anni e settimane, e i venditori ci invitano a regalare o a regalarci quella del genetliaco nostro o di amici e parenti. Già questo, in verità, testimonia quanto le illustrazioni della “Domenica del Corriere” siano ormai impresse nell’immaginario collettivo,
al punto che è difficile, ricordando la conquista della Luna, non pensare all’astronauta di
Giorgio De Gasperi pubblicato il 22 luglio del 1969, oppure non vedere le illustrazioni di
Walter Molino rammentando i trionfi ciclistici di Fausto Coppi.
De Gasperi, Molino, e poi
Aldo Raimondi,
Averardo Ciriello,
Aldo di Gennaro,
Giovanni Mosca,
Ugo Guarino. Ma, prima di tutti,
Achille Beltrame. Alla sua matita è demandato per sempre testimoniare le grandi vicende della prima parte del secolo. Fu lui l’artefice della copertina del primo numero (era l’8 gennaio del 1899), 30mila copie di tiratura, dodici pagine e 10 centesimi di costo: un’incredibile bufera di neve in Montenegro. All’interno, la Milano bene si lava la coscienza con la cena offerta dalla Società di patronato degli spazzacamini. La sua ultima tavola fu il bombardamento aereo uscito il 26 novembre del 1944: neanche tre mesi dopo, moriva. In mezzo, la narrazione capillare dei tragici eventi della Grande Guerra, l’arresto del brigante Musolino, il dramma degli emigranti, l’affondamento del Titanic, il furto al Louvre della Gioconda, le partite di calcio al Trotter di Milano per conquistare la medaglia reale, la vittoria italiana alle Olimpiadi, la rinascita della Stazione Centrale.
Nelle sale di Palazzo Reale riviviamo gli anni della Dolce Vita e dei suoi protagonisti: la Loren, Marilyn, la Lollo, i paparazzi, le schiamazzate, le corse veloci in motorino attraverso le strade di Roma. Ci sono gli eventi dell’Italia nazionalpopolare, dal Musichiere al Festival di Sanremo, dal campionato di calcio alle trasmissioni tv come
Lascia o raddoppia?. E c’è il pantheon, al completo, dei nostri “eroi nazionali”, da Mike Bongiorno ad Alberto Sordi a Tazio Nuvolari.
Le tavole esposte, oltre a fedeli e seguitissimi (1.400.000 copie vendute nel 1936!) testimoni del tempo rappresentano perfettamente l’evoluzione del gusto, del costume, della moda. Dai colori seppiati e ingialliti del Beltrame, insomma, a quelli sgargianti e accesi del boom economico degli anni ’50 e ’60, di
Maria Pezzi e di
Giorgio Tabet. Tutt’altro che ingenue, sebbene con esiti alterni, sul piano artistico lanciano spesso rimandi alla grande arte della nostra tradizione. E così ad esempio certe tavole di Molino degli anni ’60 -la “vendetta di Diabolik” o “Brivido negli studi tv”- sembrano ispirarsi per la drammaticità delle scene e le posture dei personaggi nientemeno che al
Tarquinio e Lucrezia di
Tiziano.