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10
dicembre 2008
fino al 3.II.2009 Nouveau Réalisme Milano, Pac
milano
Un’arte che punta a quanto è accessorio. Che mira all’optional e confeziona orpelli sontuosi e massificati. L’omaggio a un critico francese, Pierre Restany, e all’arte nella quale ha strenuamente creduto...
“Les jeux ne sont pas encore faits”. Così si esprime ironicamente Renato Barilli in merito al movimento artistico del Nouveau Réalisme, ripercorso nella mostra-omaggio al critico francese Pierre Restany, che del movimento si fece promotore.
L’espressione francofona affiora come logica conclusione di una riflessione circa la persistenza e la consonanza delle soluzioni dei novorealisti con le vie intraprese dai protagonisti dell’attualità artistica internazionale, nei confronti dei quali le anime del movimento che vide luce a Parigi nel 1960 si mostrano tuttora competitive e incalzanti. Nonostante il lasso di tempo di esistenza ufficiale del movimento possa essere circoscritto, in termini rigorosamente storico-filologici, al decennio 1960-1970, si può tuttavia rintracciare una prolifica fase post-’70, segnata non più da un procedere comune all’insegna della condivisione e della simbiosi, bensì da personali riproposte e da un rinnovamento delle formule precedenti.
Protagonisti della retrospettiva, undici artisti presenti con minimi cenni a quanto elaborato in precedenza, nel periodo della consacrazione ufficiale, e con un’estesa documentazione della fase successiva, segnata da una tendenziale ripresa delle premesse iniziali, con esiti spettacolari e una dilatazione quantitativa e dimensionale.
César, rimasto fedele alle compressioni e alle espansioni, ripropone i suoi cavalli di battaglia in veste aggraziata e preziosa nella Suite Milanaise (1998). Arman appare il campione assoluto della serialità della produzione industriale (La Chute des Courses, 1996) con le sue celebri accumulazioni. Daniel Spoerri espone i suoi tipici tableaux-pièges, incantando – e disturbando – con la foresta mostruosa di Idoli di Prillwitz (2008), realizzata assemblando i materiali più disparati.
La logica di ingranaggi e pistoni, di meccanismi con un movimento azionabile è al centro del lavoro di Jean Tinguely (Dernière collaboration avec Yves Klein, 1988), affiancato in mostra dal repertorio di feticci, simboli e motivi del folklore panciuti, rigonfi e dalle policromie sfacciate di Niki de Saint Phalle.
Il trionfo della quantità è esemplarmente documentato dagli impacchettamenti dei coniugi Christo e Jeanne-Claude, all’insegna dell’ingrandimento estremo, in concorrenza con i colleghi statunitensi della Land Art. L’involucro pubblicitario rappresentato dalle affiche domina l’operazione décollagista dei tre francesi Raymond Hains, Jacques Villeglé e François Dufrêne e dell’italiano Mimmo Rotella. Non ultimo Deschamps, il quale ha agito su una superficie fatta di sostanze tessili e stracci, materiali molli e cedevoli, dove l’aspetto industriale si sprigiona dal trattamento di tinteggiatura violenta.
Ecco che allora l’impresa dei Nouveaux réalistes risulta consonante con le soluzioni artistiche della scottante attualità: da Jeff Koons a Mike Kelley, da Peter Halley a Takashi Murakami. Per citare ancora Barilli, il quale prende nuovamente a prestito un’espressione francofona: “Le Nouveau Réalisme est mort, vive le Nouveau Réalisme”.
L’espressione francofona affiora come logica conclusione di una riflessione circa la persistenza e la consonanza delle soluzioni dei novorealisti con le vie intraprese dai protagonisti dell’attualità artistica internazionale, nei confronti dei quali le anime del movimento che vide luce a Parigi nel 1960 si mostrano tuttora competitive e incalzanti. Nonostante il lasso di tempo di esistenza ufficiale del movimento possa essere circoscritto, in termini rigorosamente storico-filologici, al decennio 1960-1970, si può tuttavia rintracciare una prolifica fase post-’70, segnata non più da un procedere comune all’insegna della condivisione e della simbiosi, bensì da personali riproposte e da un rinnovamento delle formule precedenti.
Protagonisti della retrospettiva, undici artisti presenti con minimi cenni a quanto elaborato in precedenza, nel periodo della consacrazione ufficiale, e con un’estesa documentazione della fase successiva, segnata da una tendenziale ripresa delle premesse iniziali, con esiti spettacolari e una dilatazione quantitativa e dimensionale.
César, rimasto fedele alle compressioni e alle espansioni, ripropone i suoi cavalli di battaglia in veste aggraziata e preziosa nella Suite Milanaise (1998). Arman appare il campione assoluto della serialità della produzione industriale (La Chute des Courses, 1996) con le sue celebri accumulazioni. Daniel Spoerri espone i suoi tipici tableaux-pièges, incantando – e disturbando – con la foresta mostruosa di Idoli di Prillwitz (2008), realizzata assemblando i materiali più disparati.
La logica di ingranaggi e pistoni, di meccanismi con un movimento azionabile è al centro del lavoro di Jean Tinguely (Dernière collaboration avec Yves Klein, 1988), affiancato in mostra dal repertorio di feticci, simboli e motivi del folklore panciuti, rigonfi e dalle policromie sfacciate di Niki de Saint Phalle.
Il trionfo della quantità è esemplarmente documentato dagli impacchettamenti dei coniugi Christo e Jeanne-Claude, all’insegna dell’ingrandimento estremo, in concorrenza con i colleghi statunitensi della Land Art. L’involucro pubblicitario rappresentato dalle affiche domina l’operazione décollagista dei tre francesi Raymond Hains, Jacques Villeglé e François Dufrêne e dell’italiano Mimmo Rotella. Non ultimo Deschamps, il quale ha agito su una superficie fatta di sostanze tessili e stracci, materiali molli e cedevoli, dove l’aspetto industriale si sprigiona dal trattamento di tinteggiatura violenta.
Ecco che allora l’impresa dei Nouveaux réalistes risulta consonante con le soluzioni artistiche della scottante attualità: da Jeff Koons a Mike Kelley, da Peter Halley a Takashi Murakami. Per citare ancora Barilli, il quale prende nuovamente a prestito un’espressione francofona: “Le Nouveau Réalisme est mort, vive le Nouveau Réalisme”.
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a cura di Renato Barilli
PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea
Via Palestro, 14 (zona Porta Venezia) – 20121 Milano
Orario: lunedì ore 14.30-19.30; da martedì a domenica ore 9.30-19.30; giovedì fino alle ore 22.30
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3/2
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0276009085; fax +39 02783330; www.comune.milano.it/pac
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