La Confederazione Elvetica ha appena emesso una serie di quattro francobolli da 1 franco con le immagini di René Burri. Un riconoscimento che fa piacere al fotografo svizzero (è nato a Zurigo nel 1933), e che arriva quasi contemporaneamente all’apertura della mostra milanese, nata dalla collaborazione della Maison Eurpéenne de la Photographie di Parigi, il Musée d’Elyséé di Losanna, la Magnum Photos, Contrasto e il Centro Culturale Svizzero di Milano.
Sono circa 200 le immagini della retrospettiva –molte delle quali vintage– esposte insieme a provini a contatto e copertine di riviste, tra cui Du con i suoi servizi dedicati ai Gauchos argentini, a grandi artisti quali Le Corbusier, Alberto Giacometti, Yves Klein e ai poltici Nasser, Sadat, Fidel Castro. Emozionante vedere il foglio del contatto di uno dei nove rullini del servizio per Look Magazine che René Burri scattò a L’Havana, nel gennaio 1963, a Che Guevara. Molti scatti del provino, cerchiati con il pennarello rosso, furono pubblicati anche sulla rivista Le Nouvel Observateur (in mostra). Del Comandante, che Burri ricorda come “un uomo molto sicuro di sé”, un’immagine in particolare che lo ha reso famoso, quella in cui il Che fuma il sigaro (l’altra icona con il berretto con la stella, invece, è di Alberto Korda).
La galleria dei viaggi include numerose immagini scattate in giro per il mondo, dalla Persia ai tempi dello Scià, alla Germania prima del Muro, all’Italia degli anni ’50, gli scatti di Brasilia e San Paolo, in cui è evidente l’insegnamento particolarmente rigoroso e metodico di Hans Finsler (proveniva dalla Bauhaus), suo docente alla Scuola di Belle Arti di Zurigo. Altre due figure furono fondamentali per lui, Werner Bischof e Henri Cartier-Bresson, due nomi che riconducono alla Magnum Photos, la mitica agenzia fotogiornalistica fondata nel 1947, con cui Burri iniziò a collaborare dal 1955.
Meritano un discorso a parte le fotografie dedicate a Picasso e a Tinguely. Con il primo ci fu una fortissima empatia, anche se all’inizio non fu facile per Burri riuscire a fotografarlo. Rimase folgorato da Guernica che vide proprio a Milano, alla mostra dedicata a Picasso a Palazzo Reale nel ‘53. Dopo inutili tentativi riuscì a fotografarlo per la prima volta a Nimes, dove l’artista era andato per assistere ad una corrida. L’albergo dove alloggiavano era lo stesso e, per una curiosa casualità si ritrovarono alla stessa tavola. Sembra che Picasso fosse superstizioso e, dato che in tavola erano in 13, stava per andare in escandescenze quando si presentò lì – “per caso” – proprio Burri che salvò la situazione, essendo il quattordicesimo. Di Tinguely, invece, era molto amico. Non solo dedicò a questo artista del Nouveau Réalisme un gran numero di scatti (al Museo Tinguely di Basilea è in corso, fino al 22 maggio, la mostra Jean Tinguely by René Burri), ma realizzò anche un film-documentario (Burri fu uno dei creatori della Magnum Film nel 1965).
Il cinema è sempre stata la sua grande passione, soprattutto quello italiano. “Allora avevo 17-18 anni e avrei voluto lavorare in questo campo, ma fare cinema in Svizzera era veramente difficile” ricorda “perciò ho scelto il mestiere del fotografo, perché la fotografia è la disciplina che più si avvicina al cinema.”
Chissà se il papà di René avrebbe mai potuto immaginare che il figlio sarebbe diventato un celebre fotografo in quel lontano giorno del 1946, quando gli mise in mano la sua macchina fotografica amatoriale. René aveva 13 anni e il momento era storico – di quelli da ricordare – il passaggio di Winston Churchill per una via di Zurigo. Quello scatto, una foto di piccolo formato appena ingiallita dal tempo -di cui non esiste più il negativo- è in mostra.
manuela de leonardis
mostra visitata il 29 gennaio 2005
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