Ancora per pochi giorni sarà possibile godere del
Crocifisso ritrovato di
Michelangelo Buonarroti (Caprese, Arezzo, 1475 – Roma, 1564), la piccola scultura in legno di tiglio, datata intorno al 1475, la cui paternità è stata sì riconosciuta da molti studiosi, ma che è ancora oggetto di discussione.
Per anni, infatti, il
Crocifisso è stato studiato da esperti come Giuliano Bellosi, Giancarlo Gentilini, Cristina Acidini, Umberto Baldini e, dopo analisi storiche, sono state eseguite indagini diagnostiche – una tomografia assiale computerizzata a raggi X e un’ispezione manuale anatomica del corpo – grazie alle quali è stato possibile ottenere informazioni sul materiale impiegato, sulla manifattura tecnica, sullo stato di conservazione e su alcuni “pentimenti”. Uno di questi riguarda il collo del Cristo, all’interno del quale l’artista ha inserito, a statua già impostata, un piccolo cuneo, con lo scopo di accentuare l’inclinazione della testa e il patetismo del corpo, ripreso nell’istante del trapasso.
Le affinità tecniche e formali, le ridotte dimensioni del manufatto, la presunta datazione e destinazione privata farebbero dunque pensare a un’opera giovanile – tanto che spesso è stata accostata al celebre
Crocifisso (1492-93 ca.) di Santo Spirito –
eseguita probabilmente prima del soggiorno romano, quando Michelangelo risentiva ancora delle suggestioni savonaroliane.
La tappa milanese del
Crocifisso, quarta dopo la sosta di Roma, Trapani e Palermo, s’inserisce in quell’operazione di valorizzazione delle opere del Castello Sforzesco che da qualche anno è portata avanti dall’amministrazione comunale, come dimostra il lungo lavoro di conservazione straordinaria avviato sulla
Pietà Rondanini (1552-64 ca.), conclusosi solo nel 2004 e che ha rimosso polveri depositate nel tempo, pellicole, residui di gesso e malte sull’epidermide marmorea, restituendole l’originario candore.
Dal punto di vista manutentivo, invece, sono stati realizzati alcuni interventi sul sistema di allestimento museale, ideato nel 1956 dallo studio
BBPR, come il nuovo impianto di illuminazione della ditta iGuzzini. Inoltre, per stimolare l’ingresso dei visitatori, la mostra è a ingresso gratuito nel pomeriggio, a partire dalle 17.30. Un’attenzione costante verso il pubblico, immortalato nella Sala delle Asse dall’obiettivo del tedesco
Thomas Struth nella serie
Audience, un gruppo di fotografie di grandi dimensioni che ritraggono il rapimento di fronte al
David nella Galleria dell’Accademia.
L’accento posto dalle due curatrici, Valeria Merlini e Daniela Storti, sul confronto con la
Pietà Rondanini dimostra bene la volontà di accostare esordio e maturità della carriera michelangiolesca, creando un dialogo tra quelle opere ancora “acerbe” del periodo della giovinezza e i drammatici incompiuti degli ultimi anni, rivalutati dalla critica solo nel secolo scorso.
Allo stesso tempo, questa mostra si conferma in linea con gli eventi promossi dall’amministrazione Moratti, che lodano una singola e mirabile opera delle collezioni italiane, senza però corredarla di una documentazione scientifica adeguata, che il pubblico avrebbe senz’altro apprezzato.