Melissa Moore (Nottingham, 1978; vive a Londra e nel Gloucestershire), uno dei diciotto giovani talenti provenienti dal Royal College di Londra e selezionati per la rassegna modenese
In our world: new photography from Britain, si presenta alla sua prima personale in Italia auto-ritraendosi nelle serie
Plasmic (2007).
Tutte le immagini esposte nelle tre sale della galleria sono state scattate nella scenografica dimora gallese Plas-Teg, proprietà della collezionista e commerciante d’antichità Cornelia Bailey, con cui l’artista è entrata in contatto casualmente, ma con la quale ha subito stretto un solido rapporto d’amicizia. Il palazzo, costruito in stile giacobino (XVI sec.), noto più per le leggende di fantasmi che lo circondano che per la magnificenza dei suoi ambienti -sullo stile degli interni fastosi descritti da Nabakov in
Ada-, ha potuto riflettere di una nuova luce grazie all’occhio attento della fotografa, che per due anni lo ha frequentato, familiarizzando a poco a poco con il luogo per ricercarne l’identità.
Negli scatti il suo corpo fluttua fluido come plasma, adattandosi con i gesti agli ambienti che occupa, come fosse un oggetto fra tanti, in una sorta di performance visiva che dà vita a immagini volutamente allegoriche. Il viso non è mai rivolto all’obiettivo, ma rimane celato per non attirare troppo l’attenzione. Le precise corrispondenze tra presenza umana e spazio si ritrovano nelle posizioni assunte da Melissa (sdraiata su un divano alla maniera della figura di donna nel quadro che la sovrasta; flessa come le corde di un’arpa; percorsa dai raggi del sole con curve simili alle scanalature di una culla) e nell’equilibrio dei colori che sembrano assorbirsi tra loro, creando un effetto di compenetrazione degli elementi compositivi.
Il procedimento fotografico, piegato fortemente in una direzione anti-narrativa, viene svelato di proposito in alcuni particolari: nell’uso della luce talvolta incorretto, in una polaroid lasciata in un angolo del pavimento, per creare nello spettatore la consapevolezza di partecipare a un mondo altro grazie alla magia del medium utilizzato.
Le immagini che ne risultano sono intime, distruttive e sensuali. Il silenzio apparente che si percepisce parla, al contrario, il linguaggio di un dialogo profondo con lo spazio, dove l’identità individuale si rincorre in una continua metamorfosi, per rappresentare le visuali inedite nate da quest’incontro.