Il pop quotidiano coincide con una bistecca flinstoniana in quanto oggetto nutrizionale, una necessità alimentare, ma non un’icona. Semmai sottintende una denuncia del trattamento all’estrogeno riservatole, viste le sue dimensioni. L’interesse di
Mauro Soggiu (Fossano, Cuneo, 1975) corrisponde agli oggetti che del surplus mediatico non sanno che farsene. Sono pop proprio perché ce li abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, nella vita reale. Non si esclude che la sua riflessione vada a coincidere con una critica dei media, perché il barattolo di Soggiu è del tutto anonimo e l’oggetto non corrisponde al proprio marchio. In questo senso, si contrappone al barattolo di
Andy Warhol, il quale indiscutibilmente invece era una Zuppa Campbell. E così via: le armi si ricollegano al loro facile possesso negli Usa; il famoso grattacielo Chrysler come rappresentazione del sociale; e c’è il pesce, ossia l’Oceano Atlantico. La pillola nel bicchiere, come in
Damien Hirst, emblema di una
New religion scientifica, illusoriamente salvifica dell’Occidente? Ma c’è anche una nave con la bandiera italiana, e può darsi che si riferisca al viaggio dell’artista, echeggiato da ricordi di traversate primo-novecentesche e relativi approdi nel
Nuovomondo. Oggi non si viaggia forse in aereo?
Soggiu trascorre i primi tre mesi del suo soggiorno newyorkese senza produrre opere. Vive nella metropoli, ne assimila i ritmi, svolge un lavoro di ricerca per elaborare un nuovo linguaggio, che non ignori il proprio bagaglio artistico-culturale, ma piuttosto lo arricchisca di nuovi elementi. La manualità, l’orgogliosa artigianalità rivendicata, è significativa e mantenuta in tutte le opere presenti in mostra. In questa caratteristica di Mauro Soggiu si può vedere anche una somiglianza con
Luca Bertasso, un altro pittore italiano -quasi suo coetaneo, essendo nato nel 1968- impegnato in una personale rielaborazione dell’estetica pop. A Manhattan, Soggiu conosce il lavoro di Mr. Casey, un anziano signore che produce timbri artigianalmente.
Ritiene infatti che il timbro sia uno strumento che si adatta bene a esprimere il caos della vita a New York. I simboli disegnati, dislocati nelle sue opere, sono a loro volta timbrati dagli stessi emblemi, i quali però si distinguono tra loro, perché fattori fisici inevitabilmente li modificano.
“Il timbro è diventato per me la quotidianità dell’ossessione che senti inevitabilmente se vivi in una metropoli come NY, tutti sono molto agitati e frenetici”, dichiara Soggiu nell’intervista a Stefano Castelli in catalogo. New York è però anche un vortice, che si manifesta nei cerchi concentrici variopinti di
Perfect Circle. Intorno all’epicentro orbitano gli elementi che ne costituiscono la società (il Chrysler Building), entro cui gli individui si muovono, perché il teschio diventa una mongolfiera, legato com’è al suo barattolino. Poi una costruzione di bande circolari e orizzontali, un tramonto –o un’alba– lisergico si staglia all’orizzonte. E probabilmente ambienta un pericolo insito nel progresso americano: sotto il
Plane in the Sky’si trovano un’
amanita phalloide e una pistola.