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monumento ai più deboli. Uomini e cani (come Uomini e topi di Steinbeck, il riferimento è piuttosto vicino). I viandanti,
i nuovi viaggiatori del mondo; i randagi, i cani soli e abbandonati. Provengono
dalle terre meridionali: forse dall’Africa per gli extracomunitari, forse dalla
Sicilia per i cani che corrono per le strade assolate, pronti all’attacco o a
scappare. Una barca, brillante di metallo, lunga e sottile (2 metri per circa
15 di lunghezza). Due uomini di colore, telamoni contemporanei.
La
mostra di Velasco Vitali (Bellano,
Lecco, 1960; vive a Milano e Bellano) è stata presentata in anteprima la scorsa
estate a Pietrasanta. Chi affollava la piazzetta della cittadina ha compreso che
quell’imbarcazione, incastonata tra il Duomo e le Alpi Apuane, ricorda i
barconi degli albanesi o delle genti che arrivano sulle nostre coste dalla
vicina Libia. Di certo il pubblico ha colto il significato dei cani famelici,
magri, sbrindellati: sculture fatte di amputazioni e sottrazioni di lamiera,
rame, materiale di recupero salvato dallo scarto. Nella chiesa sconsacrata di Sant’Agostino,
erano loro i protagonisti della difficoltà che l’artista ha voluto
rappresentare.
E ora Milano guarda un po’
perplessa, cercando di interiorizzare. Queste opere sanno di clandestinità e
immigrazione, sottomissione e schiavitù. Possibile? L’esposizione meneghina
appare ancor più drammatica al piano nobile di Palazzo Reale, dove ci si può
aggirare fra le sculture dei cani, nella penombra, quasi con sospetto. Alcuni stanno accucciati, altri sono in movimento e
sembra che stiano per saltare addosso al visitatore.
Il capobranco non è con
loro: ricoperto d’oro, se ne sta nel cortile d’onore, abbandonato, ai piedi
della Madonnina, come lui tutta d’oro. Il suo nome è Kitezh. Stranieri
ed evocativi di luoghi antichi e lontani sono i nomi degli altri cani,
60 in tutto, un vero “branco” che incute un certo timore, come a Pietrasanta.
La
grande e lucida canoa di Sbarco si
staglia nella piazza Duca d’Aosta, davanti alla Stazione Centrale, crocevia di
gente che viene in città da ogni dove. Non siamo forse tutti “clandestini su questa terra?”. È la similitudine tra clandestini e cani. Palesata
nei grandi dipinti Senza titolo (Attesa
I) e Senza titolo (Attesa II) del 2010, in cui compare la folla, grigia
e nera, quasi minacciosa. Creature subalterne, a servizio… Nuove icone
dell’umanità.
Ma,
come spiega l’artista, la clandestinità è una condizione propria dell’uomo, che
da sempre viaggia nella vita, si sposta da una meta all’altra alla ricerca della
felicità e della pace. “L’artista
sta su un crinale dove la divisione fra sistema dell’arte e spazio poetico è
fragile, e quello è il luogo della riconoscibilità e della difesa, il luogo in
cui l’opera si confronta con il proprio stile e con il pubblico che la osserva
e se ne impossessa”. Parola di Velasco.
Personale
a Milano
Al
Palazzo della Ragione a Milano
vera agosti
mostra visitata il 12 e 16
novembre 2010
dal 21 settembre al 3 dicembre 2010
Velasco Vitali – Sbarco a Milano
a cura di Fernando Mazzocca e Francesco
Poli
Palazzo Reale
Piazza Duomo, 12 – 20122 Milano
Orario: tutti i giorni ore 9.30-19.30; lunedì ore 14.30-19.30; giovedì ore
9.30-22.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso: intero € 9; ridotto € 7,50
Catalogo Skira
Info: tel. +39 02875672; www.comune.milano.it/palazzoreale/
[exibart]
che brutte cose…peccato, perchè lui è un figo della madonna!!!
Piu’ figo Coda Zabetta ed entrambi hanno esposto a Palazzo Reale!!!In mezzo, Cattelan, che non e’ proprio un gioiello. Il prossimo?
Eh sì, l’arte contemporanea supera gli stereotipi della bellezza, va oltre la l’estetica, e indaga tutto il mondo, il bene e il male, il bello e il brutto, anche il sogno, persino l’incubo, altrimenti che arte contemporanea sarebbe? Sarebbe arte vecchia già vista e rivista per quanto meravigliosa – viva Velasco dunque e tutti quelli come lui che hanno qualcosa di nuovo da dire bello o brutto che sia