La mostra proposta dalla Galleria Fonte d’Abisso Arte rappresenta l’ideale prosecuzione della rassegna “Futur Natura. La svolta di Balla 1916-20”, allestita nella stessa galleria nel 1998.
Il titolo dell’esposizione si ispira idealmente a un manifesto, “Programma a sorpresa”, firmato da Giacomo Balla e pubblicato sulla rivista “Roma Futurista” il 4 gennaio 1920.
Tre sono i temi su cui la mostra vuole focalizzare il proprio interesse, come si evince dal titolo, e per ogni tema sono esposte alcune opere dell’artista.
Appare inutile ricordare chi fosse Giacomo Balla. Basterà dire che nel 1910 sottoscrisse, insieme a Boccioni, Severini, Carrà e Russolo il “Manifesto dei Pittori Futuristi e la Pittura Futurista”. Grande è stato dunque il peso che ha avuto nella creazione dell’Avanguardia del Futurismo.
E infatti, appena entrati in galleria, veniamo subito proiettati nel mondo futurista: ci accoglie un’opera, Balistrice (1924) dove riecheggiano le famose parole in libertà marinettiane, o anche le stesse “parolibere” di Balla. Un quadro giocato con i soli colori del bianco e del nero, su cui paiono galleggiare le parole scritte delle note musicali. Sullo sfondo, un “Balla” istrice, appunto.
Proseguendo, ci imbattiamo in bozzetti tipicamente futuristi, tutti giocati su cromatismi accesi e giustapposizioni di linee spezzate. Meritano qualche parola in più una serie di opere realizzate per accostamenti di frammenti di carte colorate poi applicate su cartone (dominano le tonalità dell’arancio, del verde e del nero). Lavori come Circolpiani o Forme rumore sono veri e propri collage, mosaici multicolori.
I collage ci avvicinano a un mondo più materico, mondo che si rivelerà in tutta la sua consistenza attraverso vari oggetti “futuristi”.
Troviamo infatti, nella seconda saletta, una serie di opere che ci riconducono a quella “Ricostruzione futurista dell’universo” che Balla, insieme a Depero, teorizzò attraverso la divulgazione di un manifesto nel 1915. Progetti e oggetti che testimoniano come dalla teoria del manifesto Balla sia riuscito ad arrivare alla pratica negli anni venti. Sfilano perciò sotto i nostri occhi un Fiore futurista con gancio (1918) che volteggia appeso al soffitto; varie scatole di metallo e legno, tonde e rettangolari. Troviamo persino una stampella di legno dipinta (1918) e l’affascinante Lampada futurista (1925), formata da delicati intagli sinuosi e voluttuose trasparenze create da un gioco di sovrapposizioni delle carte veline che la compongono. Lo stesso colore usato come tonalità dominante, il blu, accresce la sensualità onirica dell’opera.
Diceva Balla: “Rinnoviamo gli ambienti: si rinnoveranno anche le idee.”
Nella stessa sala campeggia un grande dipinto (cm. 105 per 130), Feu d’artifice, tempera su carta intelata. Ricordiamo che Balla realizzò la scenografia luminosa cinetica di “Feu d’artifice” di Strawinsky per i balletti russi di Daighilev, nel 1917.
In quest’opera l’uso della carta argentata nelle girandole, in contrapposizione col nero del fondo, vuole forse farci pensare ai bagliori e sfolgorii dei fuochi contro il cielo cupo della notte.
Per scandagliare il tema “Realtà nuda e sana” vengono proposte opere che rappresentano il ritorno di Balla alla figura femminile. Ne è un esempio il lavoro Giocatrici di tennis (1925), aniline su tavola, nel quale convivono insieme figure prettamente futuriste di sfondo con le sagome di quattro donne, le cui fattezze non sono scomposte in solidi e linee come vorrebbero i canoni futuristi.
Per il tema “Astrattismo dal vero”, ci si muove attraverso un percorso di scomposizione della figura per arrivare ad un’impostazione sempre più astratta.
I quadri Balfiore: astri, Dalie viola e Rose sono esempi dei famosi, coloratissimi e innovativi “fiori futuristi”. Stilizzazioni di motivi naturalistici dai colori accesi e iridescenti, a volte quasi violenti.
Da indicare ancora un’opera su arazzo (Villino tra i balfiori), una raccolta di alcune pubblicazioni futuriste e due opere che presentano la curiosa caratteristica di avere un verso e un recto, e pertanto si staccano dalla parete ortogonalmente per permetterci di ammirare entrambe le facciate dipinte.
Stefania Caccavo
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