La pittura di
Chantal Joffe (St. Albans, 1969; vive a Londra)
libera il recensore – e lo spettatore – dall’assillo dell’interpretazione. Per
restituirlo ai meccanismi, e al piacere, della visione. Niente funambolismi
pseudo-filosofici, niente giochi di prestigio concettuali, niente provocazioni
a effetto.
Chantal
Joffe dipinge. E bene, pur senza dispiegare una sua cifra particolare. Né
perseguire una varietà di soggetti: la personale è infatti impostata su una
galleria di ritratti femminili – non importa se veri o verosimili – resi col
tocco nervoso di un espressionismo onestamente rieditato, e ibridato con
citazioni da
Modigliani, un po’ di “lezioni americane” e tagli classicheggianti,
nell’inquadratura che insegue l’icona, memore
in extremis di alcune effigi di
Picasso (
Daiane, ad esempio, sembra un
d’après del
Ritratto di Olga).
L’impianto
cromatico seleziona, accanto agli incarnati, gamme di bruni e ocra,
che insieme
al nero fluido comunicano la natura e il messaggio di una pittura “liquida”
(con tanto di episodi
dripping), disposta a tratteggiare il guizzo psicologico, fermare
l’attimo, suggerire il carattere.
Un
approccio pragmatico, quello dell’artista – che dovrebbe però evitare di cadere
nell’esausto
cliché della “pittura in rosa” al quadrato -, concretizzato (e talvolta
esasperato) in figure dalla bella pennellata corposa, che rende con scioltezza
un universo di fisionomie spigolose o tozze e di psicologie asciutte.
Lolite
in gonnellino e signore dall’atteggiamento mascolino, maliziose o rudi,
sfrontate o insicure, dall’aria casual o dal fascino consapevole, come nella
pienezza erotica dei collage.
Donne
e ragazze che si vogliono reali, e dotate di una prorompente fisicità interiore,
nelle quali tuttavia s’indovina una soggezione, anzi una disinvolta abitudine,
alla posa fashion, all’isteria glamour. Donne e ragazze “moderne”, bozzetti di
una muliebre
comédie metropolitana esposti – coincidenza! – a poca distanza
dall’avveniristico cantiere della discussa Città della Moda, altra “fabbrica di
San Pietro” di una Milano da ribere.
Donne
e ragazze che, se non proprio sull’orlo di una crisi di nervi, almeno nel
perimetro della tela (e non solo, stante la scarsità di sorrisi) sembrano
terribilmente sole.