‘Nostalgia’,
dal greco composto derivato da
nostòs, “
il ritorno alle proprie
origini”
, parola che ha come radice
nas, andare a casa, abitare, e
algos, ‘dolore’,
‘tristezza’
. In italiano, spiega Ottorino
Pianigiani nel suo
Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, “
è diventato un termine che
indica desiderio melanconico e violento di tornare indietro, ossia di rivedere
i luoghi dove passammo l’infanzia e dove restano gli oggetti a noi cari. Questo
sentimento è motivo di profonda tristezza e di tale sconcerto nell’economia
animale da produrre, in vita, una sorta di morte artificiale”.
Non sapremo mai se anche
Karina
Bisch (Parigi,
1974), fra intenzioni pratiche e ricerche poetiche, aderisca a questa
definizione. Certo è che, per la sua prima personale italiana, l’artista
francese sceglie la messa in scena di un certo tipo di nostalgia;
ponendo in
essere una traslitterazione spaziale di quel che resta un vago sentore di
piacevolezza che sfiora il già visto e, assieme, l’ancora da scoprire.
Bisch ha il dono di confondere lo
spettacolo della teatralità con i suoi più disparati componenti
struttural-narrativi. Intentando l’assimilazione dell’assoluto nella
realizzazione del particolare, l’installazione esposta alla Fluxia è un ricettacolo
di richieste (riproposte a ogni singolo visitatore). Pierrot, colori fucsia,
neri pompati e sguardi alla luna sono tentacoli a caccia di un’emotività
diffusa che cerca nel senso comune, in patrimoni iconici condivisi o nei
simboli di un luogo (il ritorno
del
nostòs) la trasposizione figurativa di un’epoca.
L’installazione, progettata a
misura d’uomo, prende le mosse dalle forme di suppellettili molto diffuse fino
a non molti anni fa, e oggi vendute in qualità di modernariato. Come le lampade
in ceramica smaltata che danno al mezzo busto di Pierrot le sue sembianze. Il
volto smagrito del pagliaccio triste torna così a essere fulcro di ritorni,
cuore mentale di un’identità romantica mai vissuta, ma spesso esasperata o
trasognata. Nel complesso, le
demi-pupette danzanti, poste su una piattaforma simile a un
palcoscenico di carillon, diventano espedienti per la rievocazione nostalgica,
inscenando la loro triste fedeltà all’insensatezza.
Per quanto riguarda il titolo di
questa mostra, dunque (
Chiaro di Luna), non c’è nulla che gli sia estraneo. Nemmeno l’immagine
che l’artista ha scelto come vessillo:
L’inconnue de la Seine, un ritratto estremamente popolare
fra gli artisti d’inizio Novecento. La giovane donna, ritratta (a china) come
se fosse ispirata, è in vero la raffigurazione di una maschera mortuaria mai
identificata. Dama il cui corpo emerse dalle acque della Senna, divenuta oggi
una sorta di icona della
Belle époque parigina.
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enrico david?
Una galleria d'arte nata con i soldi finanziati da gente e galleristi mafiosi.
la direttrice stessa di Fluxia gallery (la prima escort gallerista) amica comasca dell'assessore cultura Sergio Gaddi lui stesso caro amico del mafioso Dell'Utri.
Certi personaggi dovrebbero sparire!!!!!!!
Filippo