Milano offre un omaggio doveroso a Lucio Amelio (Napoli, 1931-1994), il gallerista napoletano che ha fatto della sua vita un tributo all’arte contemporanea e che si presenta come l’emblema del
self-made man. A raccontare la sua storia è Michele Buonuomo, architetto e critico foggiano, amico e assiduo frequentatore della Modern Art Agency, la celebre casa-galleria di piazza dei Martiri, preceduta dallo spazio di Parco Margherita, dove il gallerista era solito dormire in cucina, “
mentre nelle stanzette si susseguivano le mostre dei giovani artisti di tutto il mondo, che sarebbero poi diventati i maestri degli anni ‘70”. Il curatore propone un allestimento sobrio, che lascia alle opere il ruolo di protagoniste e le investe della responsabilità di ricomporre, ciascuna con il proprio timbro, le note di un’unica sinfonia.
La prima sala si costruisce sulla falsariga di un vero e proprio vulcano, simbolo di un avvenimento concreto -il terremoto che sconvolse Napoli e l’Irpinia il 23 novembre 1980- e parallelamente della sensibilità del suo animatore, che la seppe tradurre in energia creativa attraverso l’ambizioso progetto
Terrae Motus: 80 lavori in risposta alla tragedia, 65 artisti internazionali coinvolti.
Se le pendici sono disegnate dal dio della pop americana,
Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987), con i suoi colorati
Vesuvi -che, insieme al grande trittico
Fate presto (1981), costituiscono la sua personale risposta a quanto accaduto- il nucleo-cratere è invece occupato dal
Diagramma Terremoto dell’artista “
sciamano”
Joseph Beuys (Krefeld, 1921 – Düsseldorf, 1986), che registra in un elettrocardiogramma il battito della scossa, riconducendo la sua riflessione alla natura dell’uomo. Già da questo primo assaggio, condito da una serie di ritratti che lo stesso Warhol fece di Amelio e Beuys, s’intuisce la portata rivoluzionaria dell’incontro fra i due geni antitetici.
Le tre sale successive testimoniano, con una serie di ritratti eterogenei la prima (
Schifano,
Mapplethorpe,
Longobardi…), attraverso una documentazione fotografica la seconda (
Del Monaco,
Scianna,
Di Donato,
Avvallone,
Iodice…) e con una selezione di film originali la terza, il clima di densità culturale creato da Amelio nel suo entourage. Di qui le riproduzioni warholiane dei collezionisti Peppino e Dodò di Bennardo o la mitica Polaroid regalata a Iodice.
A completare il quadro è una ricca selezione di opere provenienti dal
Ciclo sull’opera di Joseph Beuys, organizzato da Amelio negli anni ‘70, coronate dall’istallazione
Terremoto a Palazzo del 1981, costituita dai resti delle macerie delle case di Napoli, che sintetizza la sua visione dell’arte intesa come rivoluzione dell’individuo: “
Ogni uomo possiede il Palazzo più prezioso nella sua testa, nel suo sentimento, nella sua volontà”.
A celebrarsi è quindi il circolo virtuoso generato dal trovarsi nel “
luogo in cui le cose accadono”. Quando per “
dintorni di Napoli” si è in grado di concepire New York, Parigi, Londra.