La
nuova personale di
Maddalena Ambrosio (Napoli, 1970; vive a Milano) si fonda sull’idea che la percezione
della realtà operata dalla coscienza umana sia caratterizzata da poli
contrapposti. Il reale si strutturerebbe così secondo una serie di dicotomie
che l’artista tenta di approfondire e quasi di oltrepassare.
Self
Portrait è un’opera costituita da
un cervo imbalsamato al quale sono state successivamente aggiunte delle corna
di bronzo. La volontà è quella di sottolineare in un primo tempo come la realtà
sia organizzata secondo una dialettica di concetti e parti in opposizione tra
loro e, successivamente, di tentare di attuarne una sorta di sintesi visiva che
possa comprenderli pienamente.
Ecco quindi che il cervo dalle corna bronzee
viene a simboleggiare la fusione di elementi a prima vista irriducibili, come
naturale e artificiale, materiale e spirituale, delicatezza e vigore, alla cui
sintesi è chiamato a contribuire lo spettatore.
Il
medesimo approccio caratterizza l’opera che occupa la maggior parte dello
spazio della galleria; in questo caso è il rapporto tra unità e molteplicità a
essere il fulcro dell’installazione. Un grande tessuto dà vita a una serie di
forme che rinviano ad animali che paiono essere tori o bufali. Si tratta d’una
metafora dell’identità del singolo, che si presenta tuttavia come priva di
autosufficienza, poiché risulta strettamente connessa agli altri; l’unicità
dell’individuo non può prescindere dal suo essere individuo in mezzo ad altri
individui, dal suo essere strettamente in correlazione con essi.
“L’individuo
è relazione”, dichiara Maddalena
Ambrosio, una relazione caratterizzata dalla metamorfosi e da una costante
trasformazione.
L’ispirazione
generale di questa mostra è il pensiero di Jacques Derrida, la cui opera è alla
base dello sviluppo del pensiero post-strutturalista e decostruzionista,
sviluppatosi nella seconda metà degli anni ‘60 del secolo scorso. L’idea di una
fluidità del pensiero e dell’impossibilità di imprigionarlo all’interno di
rassicuranti formule definitorie, alla base dell’approccio dell’artista e del
titolo della mostra,
Trasmigranti,
rinvia alle teorie decostruzioniste del filosofo francese.
Tuttavia,
il richiamarsi esplicitamente a un maestro del pensiero del secondo Novecento
non costituisce di certo un motivo sufficiente per poter dire che si tratti di
una mostra pienamente riuscita.
Self Portrait risulta essere non priva di una certa banalità, mentre
l’installazione principale presenta invece un’indubbia efficacia nel
trasmettere il concetto che la informa.
I
due lavori rappresentano quindi involontariamente la dicotomia tra opere
semplicistiche e sbrigative che si ammantano di richiami filosofici per
nascondere la propria modestia e opere caratterizzate da una certa semplicità e
chiarezza, che non necessitano di particolari richiami per esprimere appieno la
propria concettualità.