In equilibrio tra banalità e fantasia, tra forme semplici e significati complessi, tra contrapposizioni fittizie e intrinseche complicità. Difficile trovare una definizione univoca per l’arte di Aldo Runfola (Palermo, 1950), che espone alla Pack tele ricamate (lana su tela), insegne luminose, plexiglas inciso, serigrafie. Un insieme di opere fantasioso e vario, che attrae immediatamente per l’originalità delle proposte, stimola la curiosità, ancor prima dell’interesse artistico.
Lo sguardo dello spettatore è attirato dal grande pannello verde pastello con una scritta realizzata in gommapiuma tubolare Become what you are (2000), dove le lettere si attorcigliano in modo sinuoso e rotondo; da Macchie (2001), tela sulla
I ricami su tela in mostra sono molti: le tre tele Spazio, Tempo, Anger (2001), monocrome, nelle quali il ricamo è un intreccio di piccoli quadrati uniti da segmenti sottili (… e si potrebbe pensare alle costellazioni di Mirò); là dove il disegno si dirada emerge la scritta (tempo, spazio, anger), come contrasto di vuoto sul pieno, come parte della tela che resta priva di decorazione. Procedimento mentale inverso per i tre AR (2003, novità in mostra), nei quali il pieno del segno ricamato delimita e definisce il vuoto. Grandi ritratti ricamati di Arthur Rimbaud, dove il profilo ritratto è definito dal monogramma AR (Aldo Runfola e Arthur Rimbaud), utilizzato come elemento di composizione (Warhol, ma anche il pointillismo, sarà poi vera l’affermazione di Runfola
E la contrapposizione sembra essere il tema dominante di tutte le opere esposte; contrapposizione intellettuale e logica, giocata sul contrasto “mi piace”/”non mi piace” che tanta parte ha nell’opera di Runfola. Due immagini identiche, due carrelli per la spesa, due mani che inseriscono una scheda in una sorta di urna elettorale, l’uno “mi piace”, l’altro “non mi piace”. Banalità, sottile ironia, ma anche una riflessione su un mondo nel quale il limite logico tra una realtà e il suo opposto è … solo affidato alle parole. “Il linguaggio è tutto e fa la differenza” (Runfola). Amara riflessione questa, come dire che non esistono verità assolute, ma la parola ha la capacità di forgiare le proprie verità, completamente soggettive e false, quindi. La parola, le lettere del nostro alfabeto servono anche a costruire una (illusoria!) felicità: basta scrivere “Sono felice” su un pezzo di iuta (Sono felice, 1992).
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