Quando un maestro della pittura che ha cavalcato senza sosta gli anni ‘80 si ferma a riprendere fiato, arriva il momento di tradurre la propria pausa in un motivato momento di riflessione con esiti del tutto positivi.
Domenico David (Stalettì, 1953) ha percorso la rinascita dell’arte pittorica in un momento propizio, che vedeva al lavoro protagonisti come
Arienti,
Arcangeli,
Lodola e
Galliani.
Interprete dello spirito geometrizzante che ha distinto le sue opere giovanili, fatte di un lirismo tenue ed evocativo ma sottilmente concettuale, David ha creato un universo di figure e forme cilindriche ripetitive, i cui raggelamenti materici erano subito contraddetti. A seguito di una fase di irriducibile astrazione, l’artista ha mosso la sua attenzione verso un soggetto compiuto, in cui la realtà si è resa tangibile quanto misteriosamente fluttuante e imprecisa.
Dopo che già nel 2007 la galleria Antonio Battaglia aveva ospitato le opere di David in una collettiva, l’esibizione corrente ne suggella il ritorno in toni aulici e sognanti.
A basso voltaggio, il titolo della mostra, richiama l’idea di luce artificiale nelle moderne metropoli, l’energia elettrica che corre lungo i fili di rame, permettendo al profilo urbano di vivere ed essere visibile anche nel buio della notte. Nel momento in cui l’argomento energetico diventa ormai pane quotidiano nei dibattiti di tutto il pianeta, il basso voltaggio, di cui s’illuminano i lavori di David, assurge a inno alla moderazione dei consumi, a esaltazione del valore indispensabile della luce elettrica per la visione di ciò che l’oscurità divora.
Flebile e sfumato il bagliore che informa le architetture dei paesaggi, si stacca dal fondo compatto accennando ciò che l’occhio stenta a vedere: forme indefinite di volumi ortogonali che rifulgono come isole dimenticate nel buio della notte. Paesaggi sognanti, che ricordano città viste nel deserto o periferie disabitate, senza ritrarne però una in particolare. Macchie di colore che giocano con lampi gialli, serpentiformi, squarciando la visione uniforme in un guizzo (
A basso voltaggio 4). Per un istante sembra dischiudersi l’apparizione di un mondo onirico in cui la luce definisce i primi piani, lasciando sgranato e incerto il resto (
). Pennellate sintetiche e veloci ma cariche di espressività ammantano le architetture regolari, lasciandole fluttuare nella cornice dell’immaginazione. Luoghi che non necessitano di presenza umana, lasciata invece intendere dalla luce artificiale.
Una figurazione che sembra essere reale ma che tende invece a stemperarsi irrimediabilmente nell’astrazione, in verità mai abbandonata. Dittici e tele uniche gonfiano lo spazio della galleria col colore di panorami mentali, interiori. Congelati nel momento e prossimi a essere riassorbiti dai vapori dell’oscurità.