100 laser print, che rappresentano una serie di interrogativi (dall’assurdo, al banale e viceversa…), sono il cuore dell’installazione ideata dai geniali artisti svizzeri Peter Fischli e David Weiss.
Il lavoro, vero e proprio work in progress, si pone in un rapporto di forte continuità con le loro precedenti esperienze. Parte di questo progetto fu, infatti, premiato durante la 50° edizione della Biennale di Venezia (le domande, tradotte in diverse lingue, erano proiettate su un grande schermo con un gioco di dissolvenze), mentre nel 1984 i due avevano realizzato Fragentopf, scultura in poliuretano su cui si affastellavano una serie di interrogativi.
Interrogarsi dunque, per esplorare e conoscere i recessi dell’anima, anche nell’esperienza di Fragen.
Ognuno potrà riconoscersi in almeno uno dei quesiti, il cui registro varia continuamente e tocca con leggerezza i riflessi e le sfumature dell’anima umana. L’occhio dello spettatore passa così da domande a sfondo esistenziale-filosofico e di carattere speculativo, “Si attraversa una parete quando ci si addormenta?”, “E’ forse la mia indecisione la più bella speranza del mio libero arbitrio?”, a domande lievi, che dimorano nel quotidiano “Devo profumarmi e accendere una candela?”, “Ancora un bicchierino?”, a quelle più ironiche e paradossali che rivelano un nonsense, ricco di significati “C’è un trenino che porta fuori dal lerciume?”, “Devo drogarmi per motivi scientifici?”. Servendosi di una comunicazione di tipo epigrafico Fischli & Weiss, rispetto ai loro predecessori del mondo antico, mutano sia il supporto delle loro “iscrizioni” (se le epigrafi erano affidate all’eternità della pietra, ora le domande sono consegnate al buio di una foto), sia l’atteggiamento che soggiace al progetto. Se, infatti, le iscrizioni del mondo greco e romano fissavano dati oggettivi (auguri, memorie, voti agli dei), dalle 100 domande degli artisti trapela tutta l’inquietudine dei giorni nostri.
Presenze ricorrenti nell’universo semantico dei due artisti sono, poi, alcuni oggetti d’uso comune (l’auto, il letto, il cane) o alcune personificazioni (il diavolo, la fortuna), parte del vissuto di ognuno di noi. Molto forte del resto è sempre stato il loro rapporto con la vita di tutti i giorni, da sempre termine di confronto con cui misurarsi: basta pensare agli 80 videofilm presentati nel padiglione svizzero della Biennale del 1995. Routine, luoghi comuni, come elementi improvvisamente rivelatori, attraverso cui il processo artistico perde di autoreferenzialità e si avvicina all’universo collettivo.
giovanna canzi
mostra visitata il 7 luglio 2004
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