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fino al 30.IX.2005 | In corso d’opera | Milano, Fabbrica del Vapore

di - 20 Settembre 2005

Una bandiera sventola lontano. Pochi sono quelli che la notano e ancora meno (forse) quelli che sanno cosa rappresenta. E’ un feticcio, simbolo dell’azione che ha avuto luogo qualche mese fa a Cremona, da un’idea di Riccardo Benassi. Ma è anche la prima avvisaglia di ciò che si sta svolgendo dentro gli spazi espositivi della Fabbrica del Vapore. A conclusione del Master in Comunicazione delle arti visive, il gruppo dei Curator9 ha realizzato, con la collaborazione di alcuni docenti, la mostra In corso d’opera.
Gli artisti selezionati si spartiscono nel migliore dei modi uno spazio esiguo e non privo di vincoli. I loro progetti, pur molto diversi, si trovano accomunati dall’attenzione verso il territorio artistico inteso come luogo d’incontro.
Un incontro ricercato, addirittura ricreato in loco, grazie all’uso di due telecamere che permettono, a distanza, l’incrocio fortuito di due sguardi. E’ così nella folla, all’improvviso ci si trova a fissare un paio di occhi grazie all’installazione di Alessandro Nassiri Tabibzadeh, alla ricerca di un contatto, per una volta meno sbadato del guardare “con la coda dell’occhio”.
Osservazione più vouyeuristica è quella ottenuta nella camera ottica di Francesca Cogni. Uno spioncino sulla piazza, poco distante, di fronte al Cimitero Monumentale. Un concatenazione di riflessi, un gioco di specchi crea un contatto con il mondo esterno, il mondo fuggevole del passante anonimo. Incorniciato, quest’ultimo, da una selettiva visuale privilegiata che gli concede un attimo di concentrata attenzione.

Mentre la selezione nella fruizione del lavoro della Cogni è indissolubilmente legata all’attimo nel quale la si sceglie, quella offerta da Triplicity degli Ogino Knauss è dipendente dalla “parola”. Il visitatore, infatti, viene invitato a cliccare tra una serie di parole ad ognuna delle quali è connessa una traccia video. Impressioni, emozioni, vissuto quotidiano si susseguono, si accavallano, sembrano spalancare l’orizzonte ad un percorso evocativo ogni volta diverso.
Chiara Camoni rende il pubblico partecipe della sua scoperta: nel 1582 Gregorio VII con la bolla Inter Gravissimas abolisce Dieci Giorni dal calendario corrente. Il “furto autorizzato” le fornisce lo spunto per una riflessione sul valore del tempo. L’artista si appropria dello scarto temporale rivendendolo ai visitatori ignari dell’antica privazione tramite la stipulazione di legale contratto. Meno “dispendioso” è il rapporto proposto da Gianluca Fratantonio. La sua è un offerta. Le ali che egli stesso ha indossato, nei tentativi di volo documentati dalle stampe fotografiche, sono a disposizione di chi ne voglia usufruire. L’esperienza del volo ricalca l’immersione in un sogno, la partenza di un viaggio oltre i limiti iscritti su di un paio di guanti sotto forma di punti cardinali.
Punto d’incontro, centro di aggregazione e luogo deputato alla convivialità risulta il Terrace Bar, installazione degli Arabeschi di Latte. Nato ricalcando usi, costumi e oggettistica dell’home-bar, il piccolo angolo di ristoro rende un tono familiare al rito dell’aperitivo senza tralasciare la fondamentale componente estetica.

claudio musso
mostra visitata il 15 settembre 2005


In corso d’opera. L’arte come territorio d’incontro
Fabbrica del Vapore
Via Procaccino, 4 – Milano
A cura di Curator9: Adelinda Allegretti, Gabriella Arrigoni, Carmen Barbato, Francesca Boenzi, Rudi Cerri, Francesca di Nardo, Mariacristina Ferraioli, Veronica Liotti, Roberta Lombardi, Stefania Meazza, Rossella Moratto, Santa Nastro, Laura Pagliarani, Francesca Pagliuca, Roberta Priori, Caterina Riva, Cristina Romano, Elisabetta Sem, Martina Stagnini, Giovanni Viceconte
orari di visita: da martedì a sabato 11/18:30, domenica dalle 14/18:30
ingresso: libero
per informazioni:
www.incorsodopera.tk
ufficio stampa me.li.na@email.it


[exibart]

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  • non c'è niente di più triste del vedere una generazione artistica giovanissima paralizzata dal terrore e dall'impotenza. mi spiegate perché cazzo continuate a realizzare opere che potrebbero appartenere benissimo agli anni settanta, agli anni sessanta o addirittura ai cinquanta? svegliatevi, per dio!, dal vostro coma, e imparate a vivere con gioia selvaggia la vostra condizione di morti viventi. e soprattutto, buttate nel cesso per una buona volta l'arte povera, la transavanguardia e tutto lo stramaledetto fighettismo milanese degli anni novanta! è un consiglio spassionato: vedrete che vi sentirete meglio, e farete anche opere incomparabilmente migliori e più divertenti.

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