Tra le inaugurazioni e gli eventi d’arte contemporanea che si sono svolti in corrispondenza del MIart, Assab One è stato sicuramente – insieme al My Private di Patrick Tuttofuoco, che ha inaugurato nello stesso giorno – l’evento mondano più presenziato dai protagonisti del circuito dell’arte giovane.
Giovani artisti, appassionati d’arte, curatori, critici e curiosi, lo scorso 13 maggio si sono ritrovati gomito a gomito, a farsi spazio tra la folla per avventurarsi alla ricerca dei lavori in mostra.
E’ solo così che si scoprono poco a poco, e di volta in volta, l’installazione di Elena Nemkova, che sospende lo spettatore tra celeste e terreno, accogliendolo in uno spazio da calpestare ed insieme da ammirare dal basso, in cui riproduce, rielaborandoli, le decorazioni dei soffitti e pavimenti dei palazzi russi dell’ottocento. E ancora la “pink room” di Luigi Presicce: inquietante e grottesca come la casa di marzapane delle fiabe, tanto ovattata da essere stucchevole eppure
Le fotografie di alberi fasciati di Sandrine Nicoletta sono in una delle sale centrali: immagini liriche e di grande respiro come l’armonia superiore che si propongono di evocare. E poi c’è l’installazione tridimensionale di Andrea Mastrovito, che ha mandato in tripudio tutti i visitatori e si è meritatamente imposta come l’opera più interattiva, nuova e pionieristica di tutta la mostra. Un collage di dimensioni umane (lo spettatore poteva –e doveva! – “abitarlo”, muovendosi al suo interno) capace di donare una concretezza cartonata e fumettosa a frammenti di storie, che sono di sesso e violenza, o di banale quotidianità. Come se singoli brani dei vecchi libri – di quelli che un tempo erano stati stampati proprio nella tipografia GEA – si fossero involati dalle pagine che li contenevano per ritagliarsi uno spazio capriccioso all’interno della realtà dello stabilimento.
Interessante anche il lavoro di Pennacchio Argentato, un sistema solare sui generis, in cui al posto dei pianeti, a ruotare incessantemente sono frammenti di verdure ed ortaggi di ogni sorta, dalla zucchina alla carota, che compiono un movimento continuo intorno ad un perno e si esibiscono in luminose combinazioni di forme e colori.
Monumentale l’intervento di Goldie e Chiari che danno il loro personale Welcome di blocchi di cemento alti due metri e “in cima cocci aguzzi di bottiglia” ad uno spettatore disorientato e sopraffatto. C’è il video di Valentina Loi e l’installazione “aperta” degli origami del video, che lo spettatore è invitato a realizzare ed aggiungere alla composizione.
La pittura parietale di Gionata Gesi mette in dialogo presente e passato di Assab One, e lo fa con la consistenza acquosa, cangiante di riflessi e bagliori, il Tatami di Riccardo Previdi, i normografi di Dafne Buggeri, le Falling Metamorphosis della Doride di Maura Biava, i ricami di Agnes; Dans sa splendeur di Marina Fulgeri, La clessidra di Chiara Camoni, la scultura commestibile di Federico Pepe, il video Utopia di Marcella Vanzo, passando per gli interventi-incursioni di Ozmo e di Abominevole fino al video Widerunderwater di Deborah Ligorio …quasi impossibile nominarli tutti.
Assab One concilia la pluralità dei mezzi utilizzati con un entusiasmo ed una voglia di fare apprezzabili e contagiosi. Aldilà della qualità artistica dei lavori, che a volte è notevole, altre volte discutibile.
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mostra insignificante...compliments...
cose che succedono quando le signore giocano a fare le curatrici