1986.
Papa Don’t Preach. Madonna indossa la famosa maglietta con la scritta
Italians do it better, promuovendo uno slogan che, in quel momento, rispecchiava anche un vero e proprio lifestyle. La signora Louise Veronica Ciccone di italianità ne sa parecchio, a cominciare dalle sue origini, e anche di moda, stile, sesso e mercato. Insomma, la sua è un’opinione più che rispettabile, a 360 gradi.
Hanno ragione Luca Beatrice e Giampiero Mughini a osservare, in catalogo, come il glorioso Paese del made in Italy non esista più: la maglietta di Madonna, che da sempre promuove marchi italiani – Versace e D&G per primi -, è diventata un souvenir da bancarella in un’Italia ormai periferia. Dell’eccellenza italiana forse, è rimasta solo, proprio pochi giorni fa, la Campionaria di Milano.
L’obiettivo di Giuseppe Veneziano e Francesco De Molfetta è la polemica contro un’Italia da rifare: la loro è una politica per tutti, a tratti disarmante nella sua ingenuità, altre volte divertente nel suo essere grottesca, a tratti irriverente ed esagerata.
L’italia di cui i due artisti si burlano è un’Italia quanto mai reale, che si schernisce e si compiace negli stessi luoghi comuni che le vengono attribuiti. Il nostro, del resto, è un Paese nel quale s’incontrano l’alto e il basso: ce lo ricorda Veneziano, in cui miti dal valore assoluto come
Leonardo da Vinci convivono e contribuiscono a creare la nostra cultura con altri sicuramente “minori”, come
Andrea Pazienza.
Superata da decenni la polemica sulla “bella pittura”, quella legata alla ricerca della perfezione nel tratto e nella stesura dei colori, l’attitudine “pop” nei contenuti di
Giuseppe Veneziano (Mazzarino, Caltanissetta, 1971) si riflette anche nel suo modo di dipingere: stesure piatte di colori accesi e contorni marcati. L’artista non si pone il problema del politically correct, né nei contenuti né nella forma.
Altrettanto caratterizzato e piacevolmente riconoscibile il tocco di
Francesco De Molfetta (Milano, 1979): un po’ il valore del fare artigianale, con la grande perizia di un miniaturista e la forza di modellare d’uno scultore. Nelle opere dell’artista lombardo, lo spazio diventa una scenografia, sulla quale oggetti e sculture diventano protagonisti di scene che possono essere lette talvolta come vignette umoristiche, altre come rappresentazioni teatrali.
De Molfetta e Veneziano fanno sorridere, fanno pensare, magari infastidiscono. Ma qualunque cosa facciano, ammettiamolo, la fanno meglio di altri.
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che porcata!!!
mandateli a spaccare pietre!!
Un pò di freschezza nel solito vecchiume!
Credo che artisti come Veneziano e De Molfetta diano uno slancio di vitalità e colore all'arte italiana. Ce ne fossero altri come loro!!!
bastano e avanzano, se ce ne fossero degli altri saremmo nella merda più assoluta, altro che freschezza...
giampiero mughini? ma che schifo!
ma come mai non sono andati in biennale! quest'anno mancavano loro.
Ingegnosi divertimenti educativi necessari a tutti.
Ma (i due lavori pubblicati) non sono ancora arte.
Veneziano disastroso, niente composizione, colori tamarrissimi,nessuna sperimentazione, solita cacca, da molfetta no comment..
curatore luca beatrice! puo' curare art attack alla rai! riuscirebbe anche li a fare emergere le cose peggiori!