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fino al 30.VIII.2005 | Diego Zuelli – Esposizioni ultrarapide | Milano, Artopia

di - 12 Luglio 2005

Aggirandosi circospetti per la galleria-abitazione di Rita Urso, strutturata con un gusto per l’interior design che fa invidia, sono tre stampe lambda a rivelarsi in angoli poco sospetti. Si tratta di Alice, Ghunter e P. (tutte datate 2005), figure che lasciano interdetti per almeno tre motivi. In primo luogo la loro algida disposizione su un supporto di mezzo metro per uno, frutti non celati di una perizia tecnologica che non ricerca il mimetismo o, peggio, l’iperrealismo. Poi c’è il fattore sorpresa, per il motivo al quale si accennava, ossia il ritrovarseli di fronte proprio quando si credeva di aver varcato il limite (che si rivela assai poroso) fra galleria e appartamento. Infine, ma non certo per importanza, vengono gli sguardi. Se Ghunter pare non degnare lo spettatore d’alcuna attenzione, intento nella sua posa plastica dal sapore riefenstahliano, Alice e P. rivolgono un’occhiata in tralice francamente imbarazzante. I volti cerei, che di incarnato hanno ben poco -piuttosto li si classificherebbe fra le conseguenze paradossali del disembodiement computergrafico-, scompongono il profilo come a rimproverarci dell’intromissione (Alice) o a invitarci a un rito indicibile e crudele da Signore delle mosche (P.). Saranno fantasie non falsificabili, quindi poco scientifiche secondo certi canoni paracartesiani, ma resta il fatto che i lavori del 2005 di Diego Zuelli (Reggio Emilia, 1979) trasmettono sensazioni disarmanti.
Il problema, se è passabile questo termine non perfettamente calzante, poiché si tratta di qualcosa che non è risolvibile, deriva in gran parte dal video allestito nella grande sala che accoglie il visitatore in mostra. Non c’è risoluzione, perché le 3000 esposizioni ultrarapide (2003, presentato fra l’altro alla terza edizione del Premio Carmen Silvestroni, a Forlì) alle quali assistiamo sono frustranti e frustrate. Il soggetto è presto detto: il Ghunter di cui sopra si trova su un gruppo di scogli e si prepara a tuffarsi in acque agitate. Si prepara e ancora si prepara. Fin quando solo l’avampiede poggia a terra, l’asse del corpo proiettato verso l’arco che dovrebbero descrivere i muscoli per impattare l’elemento primario che attende nervoso. Frame unico, ultrarapido, che blocca la scena come in certe immagini di Truffaut. E si ricomincia. Ma sempre in maniera fluida, senza soluzione di continuità, o quasi. Una ricezione favorita dalla “camera” che gira intorno agli scogli, si avvicina e si allontana, si alza e si abbassa, quasi corteggiasse il potenziale tuffatore come in una danza antica. O come in certi piani sequenza di Wody Allen, quando le parole fluiscono ancora più leggere e ironiche grazie proprio a questo tipo di movimento della macchina da presa. Non è sostenibile assorbire quell’idea di virtualità dell’azione tutta d’un fiato. Occorre aggirarsi intorno ad essa, magari compiendo il cammino inverso della ripresa. Tentare così di sfuggirle, in realtà assumere il ruolo del corteggiato, assecondandone la danza senza darlo a vedere.

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All’Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna

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Il sito di Zuelli

marco enrico giacomelli
mostra visitata il 12 maggio 2005


fino a 30.VIII.2005
Diego Zuelli – Esposizioni ultrarapide
A cura di Marinella Paderni
Artopia – Via Lazzaro Papi 2 – 20135 Milano
Orario: da martedì a venerdì 15,30-19,30 (possono variare, verificare sempre via telefono) – Ingresso libero – Info: tel. +39 025460582; ritaurso@tiscalinet.it – Brochure con testo di Marinella Paderni


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