L’idea di stratificazione sembra essere il leit motif che accompagna i lavori di Roberto Cuoghi presentati in questa mostra. Come già in passato, l’artista utilizza svariati media per addensare di segni e significati le superfici delle sue opere.
Nei sette quadri in mostra, Cuoghi sembra questa volta rinunciare alla dimensione del ritratto dai toni accesi che in passato ha privilegiato, a volte tra il grottesco e il divertito, per assumere tinte più pacate verso la rappresentazione di geografie ed elementi vegetali dai quali la figura umana sembra pressoché estinta.
L’artista ha praticato una sorta di allontanamento dai suoi soggetti per poi avvicinarvisi epidermicamente passando con la stessa levità da un fuori scala come i mappamondi, per poi arrivare a concentrarsi con sguardo zen verso un ramo, un tronco, opere collocate nella sala più piccola e raccolta della galleria. Nell’unico lavoro presente in mostra dove il soggetto è antropomorfo, senza titolo (autoritratto), ancora di più si avverte la vicinanza e il destino che intercorrono tra gli uomini e gli oggetti. In fondo proprio questo Cuoghi ci mostra; l’azione del tempo su tutte le cose, sia nel caso della “geografia” delle rughe nel viso ritratto, così come le “rughe” del pianeta. In tutte e due i casi, le superfici diafane del vetro e dei lucidi lasciano scorgere la tettonica della superficie terrestre che Cuoghi rappresenta come se il disegno fosse stato continuamente aggiornato durante l’impercettibile e costante deriva dei continenti. Così mostrare il silenzioso movimento delle terre, la sua età, come quella dell’uomo ritratto, che nel quadro non è ne giovane nè anziano, ma
Il procedimento che porta alla costituirsi di quelle immagini è minuzioso, lento, diligente. Come un disegno architettonico prima dei computer o fatto sui banchi di scuola. Nel ricalcare, sovrapporre strati declinati con media apparentemente obsoleti, ma assolutamente congeniali nel far percepire nell’occhio del visitatore la “grana” del tempo. Al visitatore è richiesto lo stesso sforzo di concentrazione e così più la scala di rappresentazione è elevata, come nel caso dei mappamondi, così è necessario avvicinarsi ai quadri per scorgerne la superficie, concentrare lo sguardo su un dettaglio, su di un momento della rappresentazione, percorrere i margini dei continenti o degli arbusti per poi sommare le particelle più piccole della figura in un “tutto” che le contiene. Ed è questa la grande qualità dell’indagine che Cuoghi rivolge al concetto di tempo; portare chi guarda all’incontro con lavori che fanno sentire tutto il peso e la rilassatezza di forme ed età in continua gestazione.
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sono confusa, è buon segno?