Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
22
ottobre 2009
fino al 30.X.2009 Carlos Aires Milano, Allegra Ravizza
milano
L’uomo come debole divinità, al centro di un universo popolato da immagini up e trash. Un’esplosione di stimoli visivi, nella quale immergersi. Cullati dal suono martellante di un jingle...
Freak alla Diane
Arbus e situazioni a cavallo della morbosità: questo l’immaginario visivo
che lo spagnolo Carlos Aires (Ronda, 1974; vive ad Anversa e
Malaga) da sempre cattura in forma di foto o video, e restituisce assemblando e
manipolando gli ambienti espositivi.
Tutta un’altra storia, invece, le
sette opere presentate nella galleria di Allegra Ravizza con l’etichetta Non
si uccidono così anche i cavalli?, omaggio all’omonimo film con cui Sidney
Pollack denunciava (era il ’69, ma la vicenda si riferiva agli anni ’30) la
forma di schiavitù con cui i nuovi media soggiogano la fantasia collettiva.
Sette opere realizzate intagliando
con il laser, da vecchi dischi in vinile, sagome di uomini e oggetti; feticci
della cultura classica (si riconosce qua e là il Perseo di Benvenuto
Cellini) e nuove icone pop (vedi la sagoma del Love di Robert
Indiana), passando per avvoltoi, corone di spine e squali “in scatola” alla Damien
Hirst. Il tutto riproposto in raffinati assembramenti d’immagini, quasi
teologie contemporanee, nelle quali l’uomo è sempre l’elemento centrale da cui
si dipanano con ordine fili logici e illogici, collegamenti comprensibili e
pretestuosi. Un valzer di riferimenti a raffica, plasmato con la rapidità e la
potenza visuale propria del linguaggio pubblicitario.
E non è forse un caso se le sagome,
ridotte a nude silhouette, ricordano così da vicino le immagini vettoriali
tipiche della grafica pubblicitaria. E non è forse un caso l’insistito ricorso
alla sessualità più esosa ed esibita. Da spot televisivo.
La tecnica, interessante per potenzialità
evocative, ricorda quella delle My back pages che Paul
Villinski ha proposto qualche tempo fa al Mad di New York,
popolando le pareti del museo di farfalle nate da vecchi dischi.
Tutta un’altra storia, si diceva,
rispetto al percorso precedentemente intrapreso da Aires. Ma in fin dei conti,
forse, nemmeno più di tanto: il legame con il recente passato è forte se
guardiamo ai temi del suo fare arte, all’indugiare sugli aspetti più pervasivi
della comunicazione massmediale. I lavori presentati da Allegra Ravizza, in
quest’ottica, costituiscono il naturale evolversi, per nuovi sentieri, di In
the glass darkly, installazione proposta al Palazzo di Belle Arti di
Bruxelles nel 2005, dove lo spettatore era chiamato a misurarsi con una
galleria di ritratti vip estrapolati da riviste patinate di tutto il mondo.
Si passa dall’immagine piena alla
sua evocazione, dalla realtà in quanto tale al simbolo. Ma il messaggio,
grattando la superficie, resta quello.
Arbus e situazioni a cavallo della morbosità: questo l’immaginario visivo
che lo spagnolo Carlos Aires (Ronda, 1974; vive ad Anversa e
Malaga) da sempre cattura in forma di foto o video, e restituisce assemblando e
manipolando gli ambienti espositivi.
Tutta un’altra storia, invece, le
sette opere presentate nella galleria di Allegra Ravizza con l’etichetta Non
si uccidono così anche i cavalli?, omaggio all’omonimo film con cui Sidney
Pollack denunciava (era il ’69, ma la vicenda si riferiva agli anni ’30) la
forma di schiavitù con cui i nuovi media soggiogano la fantasia collettiva.
Sette opere realizzate intagliando
con il laser, da vecchi dischi in vinile, sagome di uomini e oggetti; feticci
della cultura classica (si riconosce qua e là il Perseo di Benvenuto
Cellini) e nuove icone pop (vedi la sagoma del Love di Robert
Indiana), passando per avvoltoi, corone di spine e squali “in scatola” alla Damien
Hirst. Il tutto riproposto in raffinati assembramenti d’immagini, quasi
teologie contemporanee, nelle quali l’uomo è sempre l’elemento centrale da cui
si dipanano con ordine fili logici e illogici, collegamenti comprensibili e
pretestuosi. Un valzer di riferimenti a raffica, plasmato con la rapidità e la
potenza visuale propria del linguaggio pubblicitario.
E non è forse un caso se le sagome,
ridotte a nude silhouette, ricordano così da vicino le immagini vettoriali
tipiche della grafica pubblicitaria. E non è forse un caso l’insistito ricorso
alla sessualità più esosa ed esibita. Da spot televisivo.
La tecnica, interessante per potenzialità
evocative, ricorda quella delle My back pages che Paul
Villinski ha proposto qualche tempo fa al Mad di New York,
popolando le pareti del museo di farfalle nate da vecchi dischi.
Tutta un’altra storia, si diceva,
rispetto al percorso precedentemente intrapreso da Aires. Ma in fin dei conti,
forse, nemmeno più di tanto: il legame con il recente passato è forte se
guardiamo ai temi del suo fare arte, all’indugiare sugli aspetti più pervasivi
della comunicazione massmediale. I lavori presentati da Allegra Ravizza, in
quest’ottica, costituiscono il naturale evolversi, per nuovi sentieri, di In
the glass darkly, installazione proposta al Palazzo di Belle Arti di
Bruxelles nel 2005, dove lo spettatore era chiamato a misurarsi con una
galleria di ritratti vip estrapolati da riviste patinate di tutto il mondo.
Si passa dall’immagine piena alla
sua evocazione, dalla realtà in quanto tale al simbolo. Ma il messaggio,
grattando la superficie, resta quello.
francesco sala
mostra visitata il 13 ottobre 2009
dal 15 settembre al 30 ottobre 2009
Carlos Aires – Non si uccidono così anche i cavalli?
Allegra Ravizza Art Project
Via Gorani, 8 (zona corso Magenta) – 20123 Milano
Orario: da
lunedì a venerdì ore 11.30-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 02805049737; fax +39 02805049735; art@allegraravizza.com;
www.allegraravizza.com
[exibart]