Li hanno ribattezzati i
Gonzaga delle nebbie perché, invece che sulle sponde del Mincio, avevano stabilito i loro domini nella vasta brughiera che si estende tra Oglio e Po. Tra filari di pioppi, pianure infinite declinanti verso le acque del Grande fiume, caldo afoso e zanzare d’estate e brume ovattate d’inverno, il ramo cadetto della grande dinastia mantovana qui iniziò le sue vicende nel 1478, anno in cui Ludovico II morì di peste.
Fu allora che si svilupparono i rami collaterali dei Gonzaga, che già governavano su località staccate dal marchesato e che andarono configurandosi sempre più come feudi indipendenti. Uno di questi, originatosi dal terzogenito di Ludovico, Gianfrancesco, comprendeva i borghi di Gazzuolo, San Martino dall’Argine, Bozzolo, Pomponesco, Isola Dovarese, Ostiano, Commessaggio, Rivarolo Mantovano e Sabbioneta: luoghi che conservano un aspetto architettonico nobile ed elegante, a dimostrazione del ruolo non di mera appendice del potere, ma di centro nevralgico, soprattutto culturale e artistico.
Da allora, fino al 1708, questa porzione periferica della Pianura, che addirittura batteva moneta autonoma, rimase sì in posizione di inferiorità rispetto a Mantova, ma non senza personalità di rilievo. A parte rare eccezioni, non comprese nella “Storia che conta”. La piccola mostra allestita nel Palazzo Pubblico di Rivarolo Mantovano fornisce il pretesto per ripercorrerne le vicende, mentre il catalogo consente di comprenderne più a fondo il ruolo.
Si parte dalle antiche mappe delle città dominate per poi passare a vedere “in faccia” gli eroi. P
rimo fra tutti Vespasiano, di cui sono esposti i ritratti di
Anthonius Mor van Dashort dal Civico di Como e di
Frans Pourbus il Vecchio, già al Museum of Fine Art di Boston. A Vespasiano è legato il sogno della “città ideale” di Sabbioneta, oggi Patrimonio mondiale dell’umanità .
Ma tra i personaggi di spicco ci sono anche il padre di Vespasiano, Luigi detto Rodomonte, che nel 1527 liberò papa Clemente VII dai lanzichenecchi durante il sacco di Roma, e Giulia Gonzaga, la donna più bella e virtuosa d’Italia, che ispirò poeti e pittori come
Sebastiano del Piombo e
Tiziano (e la vediamo nel perfetto ritratto del Vecellio).
Molti ritratti di personalità minori sono stati ritrovati in questa occasione da Leandro Ventura e Roggero Roggeri e sono inediti o rari. Com’è raro vedere il cammeo appartenuto a Isabella d’Este (ora all’Ermitage di San Pietroburgo) con Tolomeo II Filadelfo e Arsinoe II, realizzato ad Alessandria d’Egitto nel III secolo a.C.
Lo troviamo nell’omonima mostra a Palazzo Te insieme alla collezione di meraviglie artistiche che i Gonzaga misero insieme dal Quattrocento e che divenne celebre in tutto il mondo, prima di essere venduta quasi tutta, causa debiti, a Carlo I Stuart d’Inghilterra nel 1627-28. Oltre al cammeo, centoventi pezzi tra vasi in pietra, piatti in maiolica, monili a forma di farfalla, lucertola e ragno, vetri soffiati, candelieri, porcellane testimoniano la volontà della corte di conciliare – sotto il consiglio vigile di
Giulio Romano – la voglia di bello col gusto per l’esotico. Perché in riva al Mincio, la classe non è acqua.