Se la pittura è viva e vegeta, lo deve anche a figure come
Alex Katz (New York, 1927). Il suo inconfondibile segno sopravvive nel tempo in una felice sintesi di decenni di tradizione pittorica statunitense. Nelle grandi tele di Katz serpeggiano, infatti, echi vicini e lontani dei grandi maestri americani come, tra gli altri,
Hopper,
de Kooning e, ovviamente, i pop artisti con i quali Katz ha in parte intrecciato la propria esperienza artistica.
Non sono queste però sterili citazioni che si affastellano pesantemente sulle opere; non lo sono mai. Testimoniano piuttosto la costanza di un percorso totale verso il recupero dell’immagine e di quegli elementi che, come lo definisce lo stesso artista, formano uno stile “
completamente americano”. Inoltre, scorrendo i suoi quadri si può talvolta notare un’impostazione visiva mutuata dalla fotografia, dalla pubblicità o dal mondo dei comics, come se questi riferimenti considerati “bassi” fossero in realtà lenti indispensabili per visualizzare i soggetti di Katz.
I protagonisti, al centro di questa selezione di ritratti recenti, non sono solamente, come l’artista ci ha spesso abituato, membri della sua famiglia: la moglie Ada, il figlio e gli altri visi amichevoli che negli anni abbiamo imparato a distinguere nelle tele dell’artista. In questi quadri, le protagoniste sono le donne, muse anch’esse di un progetto pittorico che le vede sempre autonome nel loro mostrarsi: non ci sono mai spunti narrativi o esistenziali, il loro “stare” è sufficiente a evocare un immaginario, un mondo preciso.
In mostra, oltre alle grandi tele a olio, sono presenti anche una serie di carte con disegni a carboncino, nelle quali l’assenza di colore aiuta a capire la grande capacità dell’artista di conferire già solo col disegno quell’incredibile luminosità che spicca nelle sue opere. A questi si aggiungono poi gli schizzi a olio, come il bellissimo
Zoe, dove il viso delle giovane donna è evocato con un’economia incredibile di tratti, sufficienti a rendere quel viso concreto, assolutamente fisico.
Katz riesce sempre a cogliere, delle cose che raffigura, l’aspetto formale e insieme vitale. E la luce calda che anima le figure tratteggia, lungo tutta la sua carriera, la psico-geografia di un mondo sereno, semplice, fatto di visi familiari e di scorci che, quand’anche si presupponessero banali, testimoniano la predilezione per una visione semplice delle cose: le piccole gioie che lo sguardo può cogliere in un riflesso dell’acqua o nel riverbero di luce tra il fogliame, come nella grande tela
Birches.
Proprio come ci si aspetterebbe da ogni grande artista, la pittura di Katz sopravvive alle mode e alle tendenze del momento, senza ripetizioni ostinate ma con costanti e precise variazioni sul tema. Di volta in volta presenta nuove soluzioni visive, come in
Alex, in cui – beffardo e divertito – l’artista si rappresenta in un autoritratto con occhiali da sole: il profilo dell’ottantenne Katz si staglia su un arancione inedito, che forse è la luce di un tramonto o forse il riflesso di uno stato interiore. Di serenità, di un’energia che s’irradia e dura.