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Paolo Chiasera (Bologna, 1978) basterebbe il nome per rimandarci a un immaginario formale netto, scontornato e riconoscibile, direttamente legato al suo lavoro. L’artista bolognese non avrebbe bisogno di nessun’altra presentazione se non fosse che, a ogni sua personale, c’è sempre un motivo diverso. Qualcosa che interviene a renderlo sempre un po’ irriconoscibile. Un
quid che scardina e supera l’idea in precedenza e-seguita, da eludere a scapito della costruzione di un’unica e determinata connotazione estetica.
Chiasera ha il dono di far scoprire all’osservatore il potenziale espressivo della forma. Concetto che, nel suo lavoro, deve necessariamente arrivare alla tridimensionalità, a quello spazio che porta alla comprensione profonda dell’invisibile e alla rappresentazione passiva della realtà. Di riflesso, la memoria – come rilettura di un presente spento (da qui il titolo
The Origin of Black Brain) – accompagna la resa formale di Chiasera verso molti aspetti della quotidianità, concentrandosi sulla sottrazione e sulla negazione del movimento disperso, del gesto sospeso e di quella parola che questi due elementi rappresentano, trasformata in azione drammatica.
Chiasera ha la facoltà di arrivare allo sguardo, non più da catturare con colori urlanti, iridescenza e splendore, ma imprimendo a tele, disegni e installazioni una sorta di radiosa, cosmi-comica visione luminosa delle cose.
Ad accogliere il visitatore a Brescia si trova soltanto il lavoro operato su
Black Brain (opera-motore di questa personale, in precedenza esposta alla Quadriennale di Roma), trasformato però in versione anamorfica. Il dipinto è incastonato all’interno di un gigantesco cilindro d’acciaio specchiante, un sistema che ridefinisce il senso prospettico della composizione.
Nella seconda sala, invece, come di consueto Chiasera ricostruisce il proprio studio, esponendo i disegni preparatori di
Black Brain. Lo studio e le paratie che lo separano dallo spazio calpestabile della galleria generano un cambio visivo di rotta che rende la preparazione dell’opera un’opera a sé, con le sue connotazioni particolari, esibendo il senso del lavoro nelle sue componenti generali. I disegni e le decorazioni sono l’idea prima dell’idea, ma il codice rimane criptato e in superficie si percepisce solo il motivo dei codici magici, come nelle sequenze numeriche di Fibonacci.
Nell’ufficio della galleria sono presentati due dipinti su tela, frutto dei disegni preparatori esposti in galleria. L’artista documenterà con una serie di fotografie i movimenti del pubblico attorno a questi nuovi lavori, osservati durante il periodo di esposizione. Successivamente, i lavori saranno racchiusi all’interno di ulteriori cilindri d’acciaio, a guardia, a protezione e a memoria di una nuova tappa di
The Origin of Black Brain.