Nella galleria Lorenzelli Arte, incastonata nel cuore dell’architettura liberty milanese, l’inattuale è di casa, nel senso che qui si ospitano mostre sorprendenti di artisti non allineati, difficilmente inquadrabili, maestri dell’arte italiana del secondo Novecento ingiustamente destinati al limbo, snobbati dalla critica, al fuori da circuiti riconoscibili scontati. Chiude un ciclo di mostre concepito per l’Expo, l’imperdibile parata di circa 70 disegni e una decina di olii di Olsvaldo Licini (1894-1958), marchigiano introverso, dal carattere imprevedibile e dal segno inafferrabile, noto per angeli surreali, per chi se li ricorda, mentre sono ancora poco conosciuti i disegni a penna e lapis su carta, molti dei quali appartengono al corpus più ampio di proprietà di diversi collezionisti. Giorgio Mangoni studioso e collezionista di Licini è co-curatore brillante della mostra “Di segni di sogni” prossimo al suo centesimo genetliaco, insieme a Matteo Lorenzelli e Roberto Borghi.
L’esposizione è giocata sulla complicità, amicizia e condivisione di passione per Licini dei curatori e sull’allestimento originale e poetico di opere allineate per associazioni formali e tematiche, seguendo una linea continua immaginaria ondulata e sinuosa, in una progressione fluida che si espande nello spazio. Sorprende la prima grande sala della galleria con le pareti bianche trasformata in un metaforico foglio di carta, sul quale Licini svela tra un disegno e l’altro, la potenzialità espressiva di un segno ansioso, libero da modelli preesistenti in bilico tra figurazione e astrazione, carico di tensione spirituale come traccia di dimensioni invisibili, in cui disegni e pochi dipinti, sembrano compilare per forme, pause e combinazioni segniche un’ideale spartito musicale.
La galleria milanese fin dalla prima esposizione del 1961, è stata un punto di riferimento dell’artista schivo, silenzioso ma parlatore coinvolgente se necessario, eletto due volte sindaco del suo paese natale, Monte Vidon Corrado, impegnato culturalmente e militante del suo partito politico, sempre al servizio della comunità e della cultura laica, oltre le ideologie, definito nel 1943 «errante, erotico, eretico», tre aggettivi diventati il titolo della raccolta postuma dei sui scritti (1974). Come il segno diafano ma incisivo, totemico, surreale di Licini, secondo il ricordo di Aldo Passoni, «appariva e scompariva senza che si potesse fermare per molto». Il disegno per l’artista appassionato di letteratura si fa sismografo di umori, pulsioni, stati d’animo, proiezioni, alfabeti di scritture arcane, configurazioni inconsce emerse in superficie dal Nulla, dove sonnecchia il mistero dell’origine del Mondo, custodito dall’errante Desiderio. Licini è spiazzante anche con i suoi Personaggi, le Amalasunte, grafismi vibranti, forme aperte, e in particolare con le immagini dipinte a mezzo busto, incantano i celebri Angeli ribelli apparizioni fugaci sospesi nello spazio e nel tempo e sono una chicca i disegni dedicati ai Canti di Giacomo Lepoardi, il poeta tra i poeti, suo conterraneo, ispiratore dell’universo liciniano, forse immaginato osservando la dolcezza dei colli marchigiani, in cui ha delineato profondità non-finite. E se le mostre passano, i cataloghi restano, come quello pubblicato in occasione della mostra con la riproduzione delle opere esposte per non dimenticarlo oggi e domani.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 2 dicembre 2015
Dal 25 novembre 2015 al 31 gennaio 2016
Osvaldo Licini, Di Segni di Sogno
Lorenzelli Arte,
c.so Buenos Aires 2, Milano
Orari: da martedì a sabato 10-13 15-19