Sono circa una sessantina le opere di Giuseppe Flangini esposte alla Fondazione Stelline, una mostra curata da Rossana Bossaglia che vuole rendere omaggio all’intensa attività artistica del pittore veronese scomparso da ormai quarant’anni.
Uomo dai polivalenti interessi, Flangini, fin dagli anni Venti, si dedicò con passione all’attività di scenografo e commediografo – ottenendo diversi riconoscimenti in ambito teatrale – nonché a quella di disegnatore e pittore, fino al prevalere di quest’ultima a partire dagli anni Quaranta.
Accanto al fiorire dell’attività pittorica, questo periodo vide anche l’artista impegnato in un instancabile peregrinare tra Francia, Olanda e Belgio, sulle tracce dei grandi maestri europei, la cui influenza appare chiara nelle opere presenti in mostra.
In tele come “ Sulla Sambre”, “Pubblicità”, “Paesaggio a Ostenda”, “Una strada a Chatelet” è evidente l’influenza di artisti come Utrillo piuttosto che Dufy, soprattutto per quanto riguarda la scelta dei soggetti, ma anche per la qualità cromatica.
Gli anni Cinquanta videro la rivalutazione dell’opera di Van Gogh in tutta Europa; un acceso interesse condiviso anche da Flangini che, nei suoi instancabili viaggi, andò alla ricerca dell’ambiente, in cui il grande maestro si era formato, per rievocarne le suggestioni e le esperienze esistenziali.
A Bruxelles e durante la permanenza nei paesi fiamminghi, l’artista ebbe inoltre la possibilità di osservare le opere della scuola belga che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, spostarono l’attenzione sul mondo operaio.
Le suggestioni offerte da questi lavori e dalle prime opere di Van Gogh, danno vita a tele come “Uscita dalla miniera”, “Altiforni”, “Scaricatori di carbone”, nelle quali Flangini ritrae il mondo operaio, il duro lavoro dei minatori, degli agricoltori e degli scaricatori.
I toni accesi e vivaci dell’atmosfera tersa e pulita cedono il posto ad un colore cupo che lascia molto spazio ai toni freddi e in particolare ai neri, mentre la pennellata si fa particolarmente vigorosa nel definire le figure.
Non va inoltre dimenticata la vicinanza dell’artista veronese con Ensor, una vicinanza che gli permise di indagare quel labile confine tra realtà e finzione ben rappresentato dall’ambigua figura della maschera.
Negli anni Cinquanta, infine, tra Italia ed Europa, Flangini raggiunse la sua piena maturità artistica, un felice momento interrotto improvvisamente dalla morte nel 1961. Trovò così pace l’incessante peregrinare di un artista in continua ricerca di quelle suggestioni che hanno dato vita alla sua pregevole opera pittorica.
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Elena Arosio
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