Ron Arad (Tel Aviv, 1951; vive a Londra) ama la sperimentazione sui materiali ed è affascinato dai metalli. Li piega, li manipola, dà loro una forma. Più forme. Caratterizzate da un affascinante
trompe l’oeil, piacere per la vista e per il tatto. Non sarà una tentazione uniformemente diffusa ma, guardando la selezione di sedute
Blu Void e
Oh Void in esposizione presso la galleria Post Design di Milano, si ha voglia di toccarle. Le si accarezza, sfiorando la superficie in acciaio patinato dei due pezzi in edizione limitata e numerata datati 1988 della collezione
One Off. E facendo scivolare la mano sulla superficie in alluminio anodizzato degli esemplari
Blu Void (2006) argentei, verdi, neri, improntati all’energia plastica di forme concave e forme convesse, pieni e vuoti, materia colorata e… nulla.
L’inganno dell’occhio sta qui: quando la mano scivola sulla superficie vellutata della scultura -vien da considerarla così- incontra improvvisamente il vuoto, laddove si attende la continuità della pienezza. Arad predilige la fluidità della forma: sua è ad esempio la libreria dallo sviluppo volumetrico, quasi “calligrafico”.
Provate, cari
bibliofolli, a immaginarla con i dorsi dei libri.
Suo è anche l’ingresso dell’hotel
duoMo di Rimini. Architetto per formazione -ha studiato a Gerusalemme, dove ha avuto tra i compagni di corso Zaha Hadid, e a Londra- Arad orienta successivamente la propria ricerca artistica al design, fondando nel 1981
One Off Design Agency e nel 1989 la
Ron Arad Associates, avviando una collaborazione con alcune tra le più importanti aziende italiane di design (Alessi, Vitra, Fiam, Kartell, Moroso, Guzzini).
Diventando un designer di primaria grandezza attraverso l’ideazione e la costruzione di opere intrinsecamente caratterizzate da un alibi funzionale, come sospese a mezz’aria in brillante equilibrio tra fruizione e godimento estetico, e fortemente ambite dal collezionismo.
I suoi lavori oscillano fra arte, architettura e design, e la loro intima essenza sta nella dialettica fra valore plastico in sé e per sé e funzionalità. Che talvolta -cimento creativo di Arad- è addirittura secondaria. Ogni oggetto, ogni cosa materiale esistente in quanto prodotta dall’essere umano può essere investita di un quoziente estetico, e in questo risiede il connubio fra oggetto artistico e oggetto industriale, che è un po’ lo stile caratteristico delle creazioni di Arad, quasi una firma d’artista.
“Artista”, “designer”, “architetto” sono surdeterminazioni identitarie relative alla professione. Il suo “eclettismo”, se vogliamo usare un’espressione che certo non gli garberebbe, è lo stare sulla linea di confine dell’incompiutezza per dir così
neotenica fra arte e design.
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Ron Arad è un genio. Ogni volta mi stupisce. Secondo me il suo hotel duomo di rimini http://www.duomohotel.com è da urlo