Qui l’identità non è
un gioco, ma è
in gioco. Tra certezza ed estremismo, abbandono e pluralitĂ , imprecisione e mitologia,
Post Tsunami Art testimonia, senza proferir pretesa, uno scenario contemporaneo ben lungi dall’esser qualificabile come procacciatore.
Questa collettiva trova però il proprio ruolo di socratico maieuta nel rivelare al pubblico milanese le conseguenze di una perdita. Sottolineando cioè la mancanza di capacità critica autorappresentativa da parte dell’espressività formale del sud-est asiatico. Benché quest’annotazione non influisca sulla qualità delle opere presenti nelle due sedi di Primo Marella, è da vedere con un occhio di riguardo, e anche con un po’ di sospetto, la presenza complanare di artisti tanto diversi tra loro quali
Yasmin Sison,
Haris Purnomo,
Geraldine Javier,
Devi Linggar,
Wayan Suja e
Alfredo Esquillo.
Per loro che, ancora con estremo idealismo, guardano al tema dell’identità , risiedendo all’interno di stilemi e caratteri della tradizione, molti aspetti e forme della creazione artistica arrivano direttamente dalla politica e dalla dimenticata banalità della vita vera. Le opere di questi artisti ripristinano la routine umana, facendo emergere con poco rigore la sua specifica, millenaria diversità . Nonostante la satira e l’ironia si concentrino sulle opere come riflessi ambigui di poetiche apparentemente determinate, con esse la sperimentazione artistica non emerge come sguardo rivolto al futuro, ma come assimilazione erronea dell’Occidente.
Dunque, se è giusto affermare che la plurinominata globalizzazione imperversa e l’aumento intensivo della segnaletica mediale (si vedano i lavori di
Ronald Ventura) sta diventando un sistema linguistico dilagante, è anche vero che un’installazione come quella di
Entang Wiharso affranca la concezione artistica del sud-est asiatico dalla brutalizzante massificazione delle nostre modalità comunicative (con icone pop di fumetti, di stereotipi cinematografici, d’immagini-gadget e di visioni spettacolarizzanti, che distolgono forme e concetti dalla capacità di diventare contenuti per una memoria condivisa e utilizzabile).
In
Post Tsunami Art la pratica del contemporaneo è un esercizio di rivisitazione e di conflitto. Un’indagine stilistica che prende spunto dalla catastrofe della realtà , per portare a galla i sogni mai emersi di origini ancestrali. Nel percorso di questa eteroclita rassegna di artisti, più o meno noti agli addetti ai lavori, miti e rappresentazioni aspettano però quel giusto segnale che le renda segni immancabili di interpretazioni del futuro.
Sebbene quindi l’evento naturale dello tsunami sia il perno semantico attorno al quale si manifesta la caduta espressiva (la perdita dell’identità ), questa raccolta di opere ha il pregio di mostrare, senza santificazione alcuna, valori e tradizioni tacciate come “esotiche”, che per autonomia espressiva hanno disatteso il cosiddetto avvento del progresso.