Allan McCollum (Los Angeles, 1944; vive a New York) e Allen Ruppersberg (Cleveland, 1944; vive a New York e Los Angeles) sono due artisti concettuali di prima generazione. A partire dal 2005, McCollum realizza
The Shapes Project, opera in divenire dove il valore feticistico dell’oggetto d’arte conosce un passaggio rappresentazionale da sé al soggetto. L’oggetto è unico ma non pubblico e il soggetto non è il pubblico ma l’unico: colui al quale l’opera è idealmente destinata.
Nel progetto di
Allan McCollum, l’unicità si preserva in modelli che si ripetono attraverso successive variazioni individuate e singole: opere dunque in un certo senso realizzate in serie e potenzialmente non finite.
The Shapes Project è l’apporto meta-teorico all’istituzionalizzazione del valore dell’opera d’arte, derivante a sua volta dalla formalizzazione del ruolo dell’artista, che deve creare pezzi unici e originali: “
shapes” sono forme grafiche pure create al computer e successivamente stampate come
profili astratti, prodotti in una quantità che copra potenzialmente il numero di individui della popolazione mondiale al momento della massima crescita demografica.
Destinati dunque, idealmente, a ogni singola persona della Terra e non necessariamente pensati come oggetti d’arte (unicità) o di design (molteplicità), piuttosto come dispositivi identitari che ogni persona possa dire suoi propri, forme uniche e irripetibili come il profilo individuale e l’identità personale stessa.
Forme pure che si realizzano in silhouette nere su sfondo bianco di piccole dimensioni, incorniciate e collocate su moduli di differenti forme e colori: blu, giallo, rosso, verde, viola, nero. Installazione quest’ultima di
Allen Ruppersberg, che rappresenta con il progetto di Allan McCollum la prima bipersonale in Italia dei due artisti americani.
The Never Ending Book nasce infatti con l’ambizione di fare un numero potenzialmente infinito di libri, unici e irripetibili, e di proprietà di chi li ha costruiti, vale a dire il pubblico stesso.
Una sorta di
aleph, una babele borgesiana, dove la collezione è la serie dei libri che una persona può dunque chiamare “
i miei libri”. Come il proprietario di una
shape di Ruppersberg. Anche qui un riflesso
transazionale della feticizzazione -si pensi alla mania collezionistica dei bibliofili, acquirenti anch’essi di opere d’arte il cui valore risiede, oltre che nel pregio, nella loro rarità e spesso unicità- che va dall’oggetto al soggetto: l’oggetto d’arte ha valore non in quanto oggetto in sé, ma perché esemplare unico e irripetibile, destinato al soggetto unico e irripetibile cui è correlato.
È il viaggio del valore. E la proposta di Ruppersberg si accompagna al progetto di McCollum proprio perché sembrano condividere entrambe una stessa idea: il valore è surdeterminato.