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fino al 31.VII.2005 Gilgogué et l’art africain Milano, Galleria 70
milano
Aggiungere senso al senso. Simbolo accanto simbolo. Natura con natura. Il lavoro di un pittore francese e l’ antiquariato artigianale delle tribù africane. Sculture di duemila anni fa e collage contemporanei…
di Carolina Lio
Sono due mostre distinte, diverse ma fuse l’una nell’altra. La prima ci parla della pittura di Gilgogué (1947, Cabourg), nome d’arte di Gilles Goguet, per metà italiano e per metà francese. La seconda è una mostra storica di scultura africana che recupera da importanti collezioni private bellissime e antiche opere, manufatti di varie tribù tra i quali Dogon (Mali), Yaouré (Costa d’Avorio) e Pende (Repubblica Democratica del Congo). Si tratta di sculture che i vari popoli hanno ricavato da blocchi di legno con il solo aiuto di lame orizzontali. E come scrive il gallerista Eugenio Bitetti nel catalogo, questo “induce a lasciarsi guidare dai piani di sfaldamento del materiale adoperato e a trovare efficaci scorciatoie nella composizione di volumi”.
Le mostre, si diceva, sono incastonate l’una nell’altra, e le sculture sono disposte esattamente in mezzo ai dipinti, in modo che sia impossibile ai visitatori non cercare degli elementi comuni. Ma perché confrontare l’estetica spigolosa e stratificata, deformata e anche alle volte inquietante dell’antica Africa con un pittore europeo pieno di colori e di ironia? Dove si può trovare il parallellismo tra degli oggetti di antiquariato risalenti anche a duemila anni fa, che da soli ricreano un’atmosfera da riti magici e propiziatori, e un artista contemporaneo che gioca con il collage creando personaggi dai grandi occhi tondi e dal sorriso largo? Per rispondere bisogna prima capire con quali meccanismi nascono le opere di Gilgogué. Sono quasi sempre collage realizzati con carta da musica, buste da lettere, manifesti pubblicitari e materiali già utilizzati. Le composizioni sono perlopiù volti dai grandi occhi, la bocca sproporzionata e i tratti disposti in qualche espressione da pantomima delineata nei tratti essenziali. Il tutto si svolge su vari livelli, ma sempre bidimensionali, come i piani di sfaldamento di cui si parlava per l’arte africana. Entrambi gli stili usano un linguaggio semplice, elementare, immediato, quasi infantile e in entrambi i casi questo è un risultato quasi obbligato dal materiale usato, qualcosa che aveva già valore e senso di per sé, che sia un pezzo di giornale o un tronco d’albero. E da questa natura precedente estrapolano fuori un significato ulteriore senza poterlo sovrapporre, ma aggiungendo un elemento a un alto, arricchendo il primo simbolo di una seconda faccia.
carolina lio
mostra visitata il 16 giugno 2005
Gilgogué et l’art africain
Milano, Galleria 70, via della Moscova 27
orario di visita: da martedì a sabato 10.00-13.30/16.00-19.30 – per informazioni: 026597809 – eugeniobitetti@tiscali.it
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