Il tema della balena è una presenza ricorrente e ossessiva nelle opere di
Nicola Salvatore (Avellino, 1951; vive a Como); una costante ispirazione che si manifesta secondo molteplici sembianze.
L’immagine del cetaceo presenta una grande ricchezza di valori: è simbolo di spiritualità e saggezza, che affonda le sue radici nel mondo dell’infanzia; è l’oggetto privilegiato di una comunicazione con la natura, che si esplicita in un orizzonte sciamanico e totemico; è un elemento di denuncia delle violenze perpetrate dal genere umano nei confronti dell’ambiente. Si sviluppa così una vera e propria mitologia, che si concreta in opere che rinviano a forme e tecniche artistiche differenti.
Diario di bordo è una serie di tavole sulle modalità di rappresentazione pittorica adottate per raffigurare la balena. Alla pennellata decisa, dall’impulso quasi gestuale, si affiancano la precisione e l’accuratezza del disegno. Il profilo del mammifero marino e le sue ossa sono ripetutamente descritti da una linea che si sviluppa sconfinando nell’aura magica del graffito, e si affianca ad altre balene create con un più immediato sovrapporsi di fluide pennellate.
L’emergere di una volontà classificatoria e catalogatrice delle varie tipologie di balene è il tema centrale di
12 e
25: si tratta di un impulso tipico dell’infanzia, come sottolineato dall’utilizzo, come supporto, della tavola nera che rinvia alla lavagna, al mondo della scuola elementare.
In
Tra i pilastri,
831 e
Colonna, la rappresentazione della struttura ossea del cetaceo emerge in tutta la sua forza scultorea. Gli scheletri realizzati in acciaio e alluminio esprimono un fascino e una suggestione di carattere ancestrale. Si tratta di simboli totemici, di archetipi che conducono verso una dimensione dove l’elemento sacrale si accompagna a un’evasione onirica, in un universo ai limiti della psichedelia. La stessa struttura perde tuttavia in forza evocativa nei
Gioielli, che appaiono come un mero esercizio di stile.
I coltelli conficcati in un pannello e dal profilo che rinvia alla sagoma della balena risultano riusciti ed efficaci. Fra installazione, scultura e oggetto di design, l’opera vuol essere una forte denuncia dello sterminio in corso di questi cetacei.
L’autenticità della ricerca di Salvatore risiede nella sua capacità di costruire un mondo autonomo a partire da un unico segno, senza perdersi in tendenze artistiche definite dalle mode del momento ed evitando, nella maggior parte dei casi, d’indulgere nello stereotipo.
“
La predominanza del prototipo”, afferma Alberto Fiz in catalogo, “
sconfigge lo stereotipo linguistico in base ad un principio iconografico dove la balena appare il significante intorno a cui sviluppare le infinite varianti del segno. Il soggetto, infatti, attua un cambiamento continuo e non viene congelato nella riconoscibilità della sua forma che per l’artista assume l’aspetto di un a priori”.