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Ipotesi fantascientifiche, frammenti di iper-realtà future e immagini reali tratte da una storia recente cortocircuitano nelle opere di Michelangelo Consani (Livorno, 1971), tracciando gli esiti possibili di un’instabilità geopolitica costante.
Il Giappone è per l’artista caso emblematico delle contraddizioni che lacerano lo scenario attuale, in bilico tra la ricerca ossessiva di una crescita tecnologica esponenziale, retaggio della logica competitiva della guerra fredda, e la paranoia postatomica verso le ricadute autodistruttive di un progressismo sfuggito di mano. Infatti, è proprio il Giappone, con Hiroshima e Nagasaki prima e con Fukushima poi, a subire gli effetti nefasti della ‘civiltà’ moderna, sempre troppo debole per impedire che la dura consapevolezza di essere la causa del proprio male lasci spazio a una comoda rimozione che, di volta in volta, sposti più in là il limite dell’inaccettabile in nome di un progresso incondizionato.
E così, se da una parte, il celeberrimo colossal of all time King kong versus Godzilla, la cui gigante locandina viene qui riprodotta in King Kong versus Godzilla in Saigon, si radica nell’immaginario collettivo come il simbolo del mostruoso potenziale distruttivo del ricorso al nucleare, dall’altra, rappresenta la tipica forma di umana esorcizzazione, che trasforma un monito luminoso in un mito accecante. Dunque, viviamo in uno status quo complesso e contraddittorio da noi creato, in cui Le Cose Potrebbero Cambiare da un momento all’altro aldilà del nostro ‘infallibile’ calcolo. E questa metainstabilità non è che l’esito estremo di un’umanità, come il Paese del Sol Levante, all’apice di una nuova alba ipertecnologica sempre sul punto di convertirsi in un definitivo tramonto. Insomma, una vera e propria arma carica pronta ad implodere, resa efficacemente della rossobianca pistola di Il seme dell’uomo (quasi emblema, nell’inversione dei colori della bandiera nipponica, dell’imminente conversione autodistruttiva del Giappone e dell’umanità intera).
Nello stimolante patchwork di elementi reali e fantascientifici (che poi tanto fantascientifici non sono), specchio per Consani di un contemporaneo agghiacciante, due sono gli esiti ipotizzabili, incarnati da due profetici personaggi del passato. L’iperproduttività razionalizzata regolata dalla formula della Cochonnerie, una sorta di successione di Fibonacci dove al posto dei conigli compare la scrofa, ideata dall’ingegnere militare della corte di Luigi XIV, Sébastien Le Prestre da Vauban, qui presente in forma di busto in gesso e precursore del controllo dei cicli biologici di produzione, causa delle devastanti derive dell’antropizzazione spinta di una natura che offesa diviene ostile. All’opposto, anche a livello allestitivo, si colloca una scultura svuotata in terracotta giapponese rappresentante l’agronomo Fukuoka, inventore di un rivoluzionario modello eco-compatibile di sostentamento agricolo che, minimizzando l’intervento umano asseconda i ritmi biologici preesistenti. Di certo una proposta lungimirante di svolta a cui aggrapparsi nella speranza di invertire la parabola discendente di umanità masochista. E, allora, Le Cose Potrebbero Cambiare. Ma forse è troppo tardi e faremo la fine delle alghe Nori radioattive e poste sotto teca di Silenzio assordante #1 o dei maiali contaminati di Fukushima del video in cui specchiarsi all’ingresso, superstiti intrappolati in scenari senza via di uscita, frammenti iper-reali di futuri imminenti di cui siamo i soli responsabili.
Martina Piumatti
mostra visitata il 4 luglio
Dall’11 giugno al 31 luglio 2015
Le Cose Potrebbero Cambiare. Michelangelo Consani
Prometeo Gallery
Via Privata Ventura, 3-20134 Milano
Orari: da lunedì a venerdì 10.00-19.00 e sabato 15.00-19.00