Apparentemente singolari, a giudicare dai precedenti lavori dell’artista, sono le tele di grande formato esposte nelle bianche e lucide sale della galleria Giò Marconi. Se lo si ricorda per l’impiego di moduli decorativi floreali rovinosamente consumati e alterati, non si fa fatica a notare che, nonostante la diversità del tema, anche i quadri presentati in questa occasione costituiscono il frutto di un processo di selezione e mixaggio. La ripetizione di segni elementari e la loro variazione, costituiscono infatti due fattori costanti del suo bagaglio tecnico.
I primi lavori dell’artista americano, dai toni grezzi e immediati, richiamano i sapori della strada: graffiti, incrostazioni, colate di colore. Tratti gestiti con strumenti e tecniche d’effetto immediato, come spray e rulli, che ricoprono impietosi le superfici, insieme all’utilizzo di solventi che lavano ed offuscano.
Tuttora Christopher Wool (1955, Stati Uniti) sembra trarre ispirazione ancora dalla strada, che ritrae nella serie di stampe in bianco e nero East Broadway Breakdown, esposte nella sala adiacente. Qui non vi è traccia dell’uomo; protagonista di questi scatti notturni è il volto decadente della metropoli.
Luridi vicoli, rovinose facciate di negozi e cassonetti straripanti rappresentano con indifferente attenzione la natura selvaggia dell’asfalto, mentre vecchi divani e sedie rotte divengono anonimi e degradanti arredi di quartiere. Pozze come macchie, lampioni come fari devianti, residui disumanizzati di civiltà descritti con linee continue; prospettive di strade senza fine che si perdono nel buio della notte. Allo stesso modo le fluide e contorte pennellate si muovono senza meta, incrociandosi, curvando, vagabondando da un lato all’altro della tela.
Wool fissa questi desertici labirinti in serpentine senza fine, che si ripetono e si consumano, alterando un’apparente meccanica serialità con macchie di colore che corrodono le superfici. Come pareti scrostate e abbandonate dallo scorrere del tempo e dall’incuria. L’ultima tappa della ricerca dell’artista è illustrata dalle grandi riproduzioni esposte presso la galleria Christian Stein, nelle quali dalla selezione di porzioni dei suoi quadri d’origine, catturate di nuovo grazie a scatti fotografici, realizza serigrafici puzzle.
dario moretti
mostra visitata il 13 maggio 2005
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