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21
febbraio 2008
fino al 5.IV.2008 Diango Hernández Milano, Federico Luger
milano
Memoria collettiva e memoria privata. Il cubano Diango Hernández racconta, tramite il simbolismo delle sue opere, il problema dell’identità storica e sociale cubana. Una riflessione severa e malinconica. Mentre Fidel rassegna le proprie dimissioni, gli artisti rendono al líder maximo l’onore delle armi...
Il cubano Diango Hernández (Sancti Spiritus, 1970; vive a Düsseldorf) a partire dagli anni ‘90 ha strutturato un progetto artistico nel quale la componente mnemonica e di recupero per ciò che rimane, per ciò che si trattiene, è centrale.
In occasione della prima personale realizzata per la galleria Luger, fresca di apertura nella nuova sede, l’artista ha pensato l’installazione site specific Years: una barriera di tondino di metallo piegato che, se a prima vista sembra una semplice recinzione, descrive in realtà un calendario dove compaiono delle date, dal 1959 al 2008, a ricordare l’insediamento di Fidel Castro fino a oggi. Ma non solo. L’utilizzo del tondino di metallo, tipicamente impiegato nell’edilizia in calcestruzzo, è un ennesimo riferimento a Castro e al suo regime che, lungo tutto questo periodo di dittatura, non ha più costruito edifici in cemento armato.
Entrando in galleria e guardando attraverso questo diaframma temporale costituito dall’opera Years, ecco distribuite lungo le pareti la serie inedita di fotografie in edizione unica che costituiscono la mostra dal titolo Diamonds and stones: My Education. Utilizzando la metafora dei diamanti che, come noto, necessitano di condizioni fisiche e chimiche particolarissime per potersi cristallizzare e definire, Hernández pensa a una serie di scatti “contenuti” nelle geometrie delle pietre preziose.
Queste immagini, alcune riconoscibili per il visitatore e altre forse meno palesi, sono state recuperate da una serie di diapositive che il governo cubano scattò e divulgò a partire proprio dal 1959, per inculcare nei giovani cubani l’iconografia di Stato.
In tal senso, l’artista ha inteso di utilizzare queste fotografie che, esattamente come per i diamanti, sono il risultato di una “pressione”, metaforica nel caso di Hernández, che si sono strutturate nella sua mente a causa del forzato imprinting politico fin dall’infanzia. Immagini di Fidel, parate di stato, fotografie edulcorate del popolo, ma anche scorci di paesaggio si alternano nelle geometrie e nei tagli delle pietre, che in un certo senso sembrano quasi mostrare il paradosso di un oggetto prezioso e inscalfibile, emblema del lusso e del capitalismo più sfrenato, in opposizione alla fede politica e al líder maximo.
Ed è proprio in questo preciso momento storico che l’artista vuole innestare la propria personale riflessione: aspettando la probabile imminente dipartita di Castro, sembra avvicinarsi una non facile svolta per Cuba e un passaggio epocale per la storia degli Stati Uniti. Il destino di una nazione così ambigua e piena di contraddizioni si stratifica nel lavoro di Hernández in una silenziosa, laica e apolitica veglia funebre, densa di un sentimento misto, che se da una parte è rappresentato dall’anacronismo di quelle immagini ufficiali e popolari, nel progetto artistico di Hernández sembrano appartenere alla sua più intima memoria dell’infanzia.
In occasione della prima personale realizzata per la galleria Luger, fresca di apertura nella nuova sede, l’artista ha pensato l’installazione site specific Years: una barriera di tondino di metallo piegato che, se a prima vista sembra una semplice recinzione, descrive in realtà un calendario dove compaiono delle date, dal 1959 al 2008, a ricordare l’insediamento di Fidel Castro fino a oggi. Ma non solo. L’utilizzo del tondino di metallo, tipicamente impiegato nell’edilizia in calcestruzzo, è un ennesimo riferimento a Castro e al suo regime che, lungo tutto questo periodo di dittatura, non ha più costruito edifici in cemento armato.
Entrando in galleria e guardando attraverso questo diaframma temporale costituito dall’opera Years, ecco distribuite lungo le pareti la serie inedita di fotografie in edizione unica che costituiscono la mostra dal titolo Diamonds and stones: My Education. Utilizzando la metafora dei diamanti che, come noto, necessitano di condizioni fisiche e chimiche particolarissime per potersi cristallizzare e definire, Hernández pensa a una serie di scatti “contenuti” nelle geometrie delle pietre preziose.
Queste immagini, alcune riconoscibili per il visitatore e altre forse meno palesi, sono state recuperate da una serie di diapositive che il governo cubano scattò e divulgò a partire proprio dal 1959, per inculcare nei giovani cubani l’iconografia di Stato.
In tal senso, l’artista ha inteso di utilizzare queste fotografie che, esattamente come per i diamanti, sono il risultato di una “pressione”, metaforica nel caso di Hernández, che si sono strutturate nella sua mente a causa del forzato imprinting politico fin dall’infanzia. Immagini di Fidel, parate di stato, fotografie edulcorate del popolo, ma anche scorci di paesaggio si alternano nelle geometrie e nei tagli delle pietre, che in un certo senso sembrano quasi mostrare il paradosso di un oggetto prezioso e inscalfibile, emblema del lusso e del capitalismo più sfrenato, in opposizione alla fede politica e al líder maximo.
Ed è proprio in questo preciso momento storico che l’artista vuole innestare la propria personale riflessione: aspettando la probabile imminente dipartita di Castro, sembra avvicinarsi una non facile svolta per Cuba e un passaggio epocale per la storia degli Stati Uniti. Il destino di una nazione così ambigua e piena di contraddizioni si stratifica nel lavoro di Hernández in una silenziosa, laica e apolitica veglia funebre, densa di un sentimento misto, che se da una parte è rappresentato dall’anacronismo di quelle immagini ufficiali e popolari, nel progetto artistico di Hernández sembrano appartenere alla sua più intima memoria dell’infanzia.
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Federico Luger Gallery
Via Domodossola, 17 (zona corso Sempione) – 20145 Milano
Orario: da martedì a venerdì ore 15.30-19; mattino, sabato e domenica su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo con testo di Lisette Lagnado
Info: tel. +39 0267391341; mob. +39 3494138318; fax +39 0248013785; info@federicolugergallery.com; www.federicolugergallery.com
[exibart]
bella recensiuone, ottimo l’artista
finalmente a milano una mostra in galleria che vale la pena visitare, per fortuna i vostri critici a volte frequentano anche gallerie interessanti e DAVVERO nuove come quella di Luger,
fran.
Concordo con Francesco, la galleria Luger sta facendo benissimo. La collettiva che ha inaugurato il nuovo spazio e che ha anticipato questa personale è stata una delle cose più belle viste a Milano da anni.
Hernandez’s show at Luger is the most beautiful show I have ever saw in Milano. Thanks Diango and thanks Luger.
che a Milano state inguaiati come arte contemporanea lo si sapeva da tempo, se poi sono veri i commenti che leggo e cioè che non si vedeva una cosa decente da anni…allora la situazione è davvero critica.