Il cubano
Diango Hernández (Sancti Spiritus, 1970; vive a Düsseldorf) a partire dagli anni ‘90 ha strutturato un progetto artistico nel quale la componente mnemonica e di recupero per ciò che rimane, per ciò che si trattiene, è centrale.
In occasione della prima personale realizzata per la galleria Luger, fresca di apertura nella nuova sede, l’artista ha pensato l’installazione site specific
Years: una barriera di tondino di metallo piegato che, se a prima vista sembra una semplice recinzione, descrive in realtà un calendario dove compaiono delle date, dal 1959 al 2008, a ricordare l’insediamento di Fidel Castro fino a oggi. Ma non solo. L’utilizzo del tondino di metallo, tipicamente impiegato nell’edilizia in calcestruzzo, è un ennesimo riferimento a Castro e al suo regime che, lungo tutto questo periodo di dittatura, non ha più costruito edifici in cemento armato.
Entrando in galleria e guardando attraverso questo diaframma temporale costituito dall’opera
Years, ecco distribuite lungo le pareti la serie inedita di fotografie in edizione unica che costituiscono la mostra dal titolo
Diamonds and stones: My Education. Utilizzando la metafora dei diamanti che, come noto, necessitano di condizioni fisiche e chimiche particolarissime per potersi cristallizzare e definire, Hernández pensa a una serie di scatti “contenuti” nelle geometrie delle pietre preziose.
Queste immagini, alcune riconoscibili per il visitatore e altre forse meno palesi, sono state recuperate da una serie di diapositive che il governo cubano scattò e divulgò a partire proprio dal 1959, per inculcare nei giovani cubani l’iconografia di Stato.
In tal senso, l’artista ha inteso di utilizzare queste fotografie che, esattamente come per i diamanti, sono il risultato di una “pressione”, metaforica nel caso di Hernández, che si sono strutturate nella sua mente a causa del forzato imprinting politico fin dall’infanzia. Immagini di Fidel, parate di stato, fotografie edulcorate del popolo, ma anche scorci di paesaggio si alternano nelle geometrie e nei tagli delle pietre, che in un certo senso sembrano quasi mostrare il paradosso di un oggetto prezioso e inscalfibile, emblema del lusso e del capitalismo più sfrenato, in opposizione alla fede politica e al
líder maximo.
Ed è proprio in questo preciso momento storico che l’artista vuole innestare la propria personale riflessione: aspettando la probabile imminente dipartita di Castro, sembra avvicinarsi una non facile svolta per Cuba e un passaggio epocale per la storia degli Stati Uniti. Il destino di una nazione così ambigua e piena di contraddizioni si stratifica nel lavoro di Hernández in una silenziosa, laica e apolitica veglia funebre, densa di un sentimento misto, che se da una parte è rappresentato dall’anacronismo di quelle immagini ufficiali e popolari, nel progetto artistico di Hernández sembrano appartenere alla sua più intima memoria dell’infanzia.
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finalmente a milano una mostra in galleria che vale la pena visitare, per fortuna i vostri critici a volte frequentano anche gallerie interessanti e DAVVERO nuove come quella di Luger,
fran.
bella recensiuone, ottimo l'artista
Hernandez's show at Luger is the most beautiful show I have ever saw in Milano. Thanks Diango and thanks Luger.
Concordo con Francesco, la galleria Luger sta facendo benissimo. La collettiva che ha inaugurato il nuovo spazio e che ha anticipato questa personale è stata una delle cose più belle viste a Milano da anni.
che a Milano state inguaiati come arte contemporanea lo si sapeva da tempo, se poi sono veri i commenti che leggo e cioè che non si vedeva una cosa decente da anni...allora la situazione è davvero critica.