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17
marzo 2009
fino al 5.IV.2009 Guy Bourdin Milano, Carla Sozzani
milano
Gli scatti inediti del maestro della fotografia che esportò nella moda la pittura surrealista. Con Unseen e A message for you, non solo desiderio e seduzione. Tutto l’assurdo della vita, fra tacchi a spillo e lingerie...
Giochi di linee e colori in composizioni perfette, di costruita intensità. Immagini patinatissime, eppure mai commerciali. Foto o quadri? L’apparenza inganna, l’ambiguità è d’obbligo, il dubbio più che mai lecito di fronte ai sei scatti Unseen di Guy Bourdin (Parigi, 1928-1991). Gioielli inediti dal suo archivio personale, ora ristampati da Carla Sozzani, che li offre al varco come incisiva anteprima di A message for you, seconda trance della doppia retrospettiva in Corso Como.
Per Bourdin, pittore alla scuola surrealista di Magritte e Balthus prima che fotografo plurincensato per stilisti come Ungaro, Chanel e Versace, la ricerca estetica, sublime e ineccepibile, non è mai fine a se stessa. Neppure nelle immagini rubate a proprio uso e consumo durante i momenti di pausa sui set delle campagne di moda, di cui – negli sconvolgenti anni ’70 – l’artista fu provocatorio artefice.
Per l’allievo prediletto di Man Ray, il medium non è mai messaggio: l’oggetto assurge a simbolo e le foto narrano, prima di tutto, una storia. Che parte dalle gambe mozzafiato di silhouette fasciate in sgargianti e aderenti costumi – armonica e seducente cornice del racconto – per finire, oltre il mare, dentro le nubi grigie di un cielo in tempesta. Oppure nel volto delicato di una modella, racchiuso a mo’ di scrigno in uno specchietto sorretto da accattivanti unghie rosse. Sullo sfondo, una maestosa e selvaggia scogliera.
Unghie rosse, appunto. Tacchi altissimi, smaliziata lingerie. E venerate gambe, a incastonare decine di celebri scatti confezionati per bibbie del fashion come “Vogue” e “Harper’s Bazaar”, che sfilano adesso uno dietro l’altro in galleria. Ma Bourdin – che nel 1985 rifiutò il Gran Premio Nazionale della Fotografia del Ministero francese della cultura – dentro il sistema resta, soprattutto, un maestro fuori del coro, elegantemente critico del proprio tempo.
L’esaltazione dei lussuosi accessori pubblicizzati dalle griffe travalica nella sottile denuncia della futile e dirompente società dei consumi. Le forme della donna, magistralmente immortalate, non si esauriscono nell’esibizione del bello in sé, ma sono metafora della conquistata libertà sessuale. L’accecante nudità femminile, che per il sofisticato fotografo incarna l’ideale supremo del desiderio, tradisce la fissità senza appello della morte: il finto sangue che esce dalla bocca di un corpo etereo sa di plastica, ma anche di autenticità. La modella in sottoveste che guarda assente dalla scatola somiglia alla vuota bambola di legno di un pacco regalo, ma anche al triste involucro di una dea precipitata troppo presto in una bara terrena.
Dico-non dico, dalla superficie al profondo, la poetica dell’assurdo di Bourdin traduce lo sguardo in un pensiero sulla parabola dell’esistenza.
Per Bourdin, pittore alla scuola surrealista di Magritte e Balthus prima che fotografo plurincensato per stilisti come Ungaro, Chanel e Versace, la ricerca estetica, sublime e ineccepibile, non è mai fine a se stessa. Neppure nelle immagini rubate a proprio uso e consumo durante i momenti di pausa sui set delle campagne di moda, di cui – negli sconvolgenti anni ’70 – l’artista fu provocatorio artefice.
Per l’allievo prediletto di Man Ray, il medium non è mai messaggio: l’oggetto assurge a simbolo e le foto narrano, prima di tutto, una storia. Che parte dalle gambe mozzafiato di silhouette fasciate in sgargianti e aderenti costumi – armonica e seducente cornice del racconto – per finire, oltre il mare, dentro le nubi grigie di un cielo in tempesta. Oppure nel volto delicato di una modella, racchiuso a mo’ di scrigno in uno specchietto sorretto da accattivanti unghie rosse. Sullo sfondo, una maestosa e selvaggia scogliera.
Unghie rosse, appunto. Tacchi altissimi, smaliziata lingerie. E venerate gambe, a incastonare decine di celebri scatti confezionati per bibbie del fashion come “Vogue” e “Harper’s Bazaar”, che sfilano adesso uno dietro l’altro in galleria. Ma Bourdin – che nel 1985 rifiutò il Gran Premio Nazionale della Fotografia del Ministero francese della cultura – dentro il sistema resta, soprattutto, un maestro fuori del coro, elegantemente critico del proprio tempo.
L’esaltazione dei lussuosi accessori pubblicizzati dalle griffe travalica nella sottile denuncia della futile e dirompente società dei consumi. Le forme della donna, magistralmente immortalate, non si esauriscono nell’esibizione del bello in sé, ma sono metafora della conquistata libertà sessuale. L’accecante nudità femminile, che per il sofisticato fotografo incarna l’ideale supremo del desiderio, tradisce la fissità senza appello della morte: il finto sangue che esce dalla bocca di un corpo etereo sa di plastica, ma anche di autenticità. La modella in sottoveste che guarda assente dalla scatola somiglia alla vuota bambola di legno di un pacco regalo, ma anche al triste involucro di una dea precipitata troppo presto in una bara terrena.
Dico-non dico, dalla superficie al profondo, la poetica dell’assurdo di Bourdin traduce lo sguardo in un pensiero sulla parabola dell’esistenza.
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barbara ciolli
mostra visitata il 14 febbraio 2009
dal 14 febbraio al 5 aprile 2009
Guy Bourdin – A Message for You/Unseen
Galleria Carla Sozzani
Corso Como, 10 (zona Stazione Garibaldi) – 20154 Milano
Orario: martedì e da venerdì a domenica ore 10.30-19.30; mercoledì e giovedì ore 10.30-21; lunedì ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 02653531; fax +39 0229004080; info@galleriasozzani.org; www.galleriasozzani.org
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