Hsiao Chin (Shanghai, 1935; vive a Milano) approda alla Triennale Bovisa con un’ampia retrospettiva che ripropone, in un percorso cronologico, la lunga carriera di quest’autore cinese, che da anni prosegue la sua indagine pittorica fatta di segni precisi e denso simbolismo cromatico.
Le molte tele illustrano la ricerca artistica scandita da periodi, dalla fine degli anni ‘50, momento siglato come “periodo di studio”, ai successivi che scandiscono gli anni ‘60, ‘70 e ‘80 come fasi di un’idagine spirituale che ha avvicinato Hsiao Chin al taoismo prima e al buddhismo zen poi. In questi momenti si nota, attraverso le opere esposte, la ricerca d’una composizione formale e cromatica che mira all’equilibrio, a una possible comunione fra arte e natura, sottolineata da un’economia di segni che rimandano contemporanemente alla calligrafia orientale e alle tendenze pop di quegli anni. Mandala d’ispirazione tibetana, onde di colore che mixano il gesto pittorico con l’immagine grafica, più vicina forse all’estetica giapponese che a quella cinese. Nelle opere vicine al 1989 si assiste però all’addensarsi nella sua pittura di ombre e tonalità luttuose che rimandano agli avvenimenti politici e sociali di piazza Tienanmen (
Primo Massacro di Piazza Tienanmen, 1989).
Tuttavia, la chiave di lettura più interessante sembra essere quella legata allo sviluppo formale dei suoi lavori, il dato cromatico sempre centrale nei suoi quadri, lo studio per le forme e i segni, oltre alla concezione di un mondo che, per quanto astratto, ha continui rimandi all’immagine e alla figura, talvolta come indizi evanescenti, come filigrana diafana, altre volte per il portato immaginifico dei titoli, che immediatamente fanno rimbalzare nella memoria dello spettatore il fantasma dell’immagine sempre presente come fonte d’ispirazione.
La mostra è stata realizzata in collaborazione con la Fodazione Marconi. L’artista, infatti, già alla fine degli anni ‘50 iniziò proprio col gallerista Giorgio Marconi un sodalizio artistico, esponendo con regolarità nella sua galleria. Sempre a Milano, Hsiao Chin fondò insieme ad
Antonio Calderara il movimento chiamato Punto. Ed è proprio Milano probabilmente la città che più ha inteso l’operazione artistica di Chin, con le sue fondazioni, gli spazi espositivi, l’accademia dove l’artista è docente e, non ultimi, i salotti intellettuali meneghini che nel tempo hanno costantemente tributato interesse per questa figura, che ha probabilmente avuto il merito nel corso degli anni di far conoscere in tali ambienti il possibile incontro tra mondi che, fino a pochi anni fa, si mostravano come inconciliabili o difficilmente espressi in una sintesi artisticamente valida.
Lo iato tra Oriente e Occidente, lo sviluppo di un linguaggio astratto, autonomo benché riconducibile alle tradizioni artistiche, e l’attenzione da parte di Hsiao Chin verso gli esponenti più importanti e i padri fondatori dell’astrattismo e dell’espressionismo astratto occidentale fanno della sua opera un punto di vista imparziale seppur appassionato del discorso pittorico e della sua contemporaneità.