Figlio di un anarchico italiano emigrato a Lugano, Mario Comensoli nacque nel 1922 e visse in Svizzera, prima in un orfanotrofio, poi in un quartiere operaio di Lugano. Dopo esser passato per Parigi tornò a Zurigo negli anni cinquanta, scoprendo il mondo degli immigrati giunti dall’Italia meridionale; qui morì nel suo studio, nel 1993. Osteggiato da Guttuso e dai suoi amici, dopo aver esposto nel 1962 alla galleria San Luca di Roma i suoi “operai in blu ” (l’unica recensione positiva gliela fece Carlo Levi), decise di non esporre più in Italia.
Dopo quarant’anni, dal 1 Novembre al 6 Gennaio la Fondazione Mario e Hélene Comensoli e la Fondazione Mazzotta di Milano promuovono la prima grande antologica dell’artista in Italia curata da Pietro Bellasi.
Il percorso espositivo estremamente vivido ci consente, tramite una suddivisione temporale, di apprezzare la prerogativa essenziale delle opere di Comensoli: l’attenzione al presente e con essa lo sforzo comprensivo di un uomo immerso nella realtà che dipingeva . Un viaggio antropologico dunque, perché la capacità di capire il presente è il compito che l’artista sentiva di dover ricoprire facendo sì che la Svizzera degli anni che vanno dal ’50 al ’90, si sublimasse nei suoi quadri tramite forme e colori. Pietro Bellasi rimarca l’estraneità del pittore dal realismo socialista, ma lo inserisce all’interno di quell’orientamento alla vita che può chiamarsi realismo sociale. Il mondo degli immigrati prima, il “periodo blu” degli operai raffigurati in classiche ed insolite occupazioni, gli anni del rock’n’ roll con gli Usa che entrano attraverso la tv, il periodo della contestazione studentesca narrata con linguaggio quasi cartellonistico, il punk visto con occhi sessuati e poi la vita dei tossicodipendenti nel parco di Letten e Spitzplatz; pittore poco apprezzato fino ad ora dalla critica, ci mostra quindi un lato insolito della storia economica-sociale della Svizzera negli anni che vanno dal
Nelle opere dei primi periodi si notano influssi a momenti cubisti, a tratti tendenti verso la pittura astratta, vie che Comensoli non seguirà a vantaggio di un dipingere spontaneo e di una ricerca stilistica personale che lo porterà ad uno sfilamento dei segni e delle forme. Un’esposizione che dà la possibilità al pubblico italiano di conoscere meglio un paese e una cultura a noi confinante e un artista, che pur avendo vissuto male le prime difficoltà di accettazione da parte del pubblico italiano, vedrà, pur non in vita, il superamento del suo bisogno inconscio, di un’idea di esclusione che oggi non corrisponde più a realtà.
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Il sito di Mario Comensoli
Il sito della Fondazione Mazzotta
maria rita silvestri
mostra visitata il 31/10/2002
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