Supporti e
sentimenti descrivono, consciamente e inconsciamente, la scomparsa, lo sviamento
dell’elemento reale e del dato pratico centrati sull’esistenza immanente.
Supporti
e
sentimenti non è solo il titolo di questa
personale, ma anche una traccia simbolica che deve restare, in quanto tale, una
presenza fatta per non essere vista.
Con
Mathilde Rosier (Parigi, 1973; vive in Borgogna e a Berlino), quel che
giace al di là dell’oggetto e della sua percezione nello spazio e nel momento
costituisce un’occasione. L’artista ama manipolare il proprio lavoro rendendolo
un processo forzato, un sentiero che viene messo in evidenza come percorso di
trasformazione, più che come un arrivo e un risultato dall’aspetto obbligatoriamente
formale.
Rosier ama disseminare mostre personali e collettive con i suoi
racconti visionari, incentrandoli sull’elemento-natura. Una natura dotata di
linguaggi udibili e, soprattutto, codificabili. La narrazione continua e
omogenea dell’artista francese, che è per lei punto di distinzione, è
caratterizzata dall’assenza di un inizio e di una fine certi. A
cquerelli,
installazioni, gouache, performance, video e composizioni musicali riflettono –
né più né meno come lastre argentate, superfici di specchi – il proscenio del
ritorno umano alla natura, registrando tutte le dinamiche che rappresentano
teatri ideali per trasmettere forti soggettività retroattive.
Sono da considerare due grandi possibilità
che sorgono lavorando in questo
campo d’azione dell’altrove. La prima si trasmette attraverso la resa dei
lavori in galleria: formalmente l’artista, infatti, manipola materia morbida,
delicata, ma restituita alla figurazione attraverso il grande dono
dell’inconsistenza. Il secondo punto di forza è l’unione di più elementi
fantastici. La loro architettura spontaneamente
non sense, struttura che Rosier riesce a
delineare con facilità, rende
Supports et sentiments un
contenitore di intimità
domestiche, costitutive ma mai edulcorate.
Interamente progettata per il suo debutto italiano,
Supports
et sentiments sembrerebbe interamente adattata sugli spazi milanesi e dedicata alla
tradizione teatrale del capoluogo lombardo. Abbracciando la lettura
strehleriana, Rosier utilizza la scenografia come forma d’arte, e sprigiona la
sua voglia di renderla protagonista incontrastata agli occhi dei visitatori.
L’arte di Mathilde Rosier, attraverso la metafora della
varietà, introduce in un mondo dove animali, corpi, cappelli, vestiti e oggetti
del quotidiano riflettono, senza paure, emotività e inconscio.