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La Bellezza arresta il motoâ, scrive piĂš volte Tommaso
dâAquino nella
Summa Theologiae. Per quanto riguarda gli ultimi lavori di
Michele
Bazzana (San Vito al Tagliamento, Pordenone, 1979; vive a Codroipo, Udine) esiste unâaltra energia
stabilizzatrice, una carica di pari portata, che a sua volta domina la
bellezza, ipostatizzandola: si tratta del nulla.
Con
Cross 20, personale bresciana, è dâobbligo
scrivere che è la formula ingegnosa del vuoto a far chinare lâenergico capo al
movimento. Lâesistenza fisica (composta da equilibri, balzi, scatti, salti,
ritorni, deterioramenti e flessioni) è per Bazzana materia di un
alcunchĂŠ,
impasto di particelle instabili
legate dal fatto che non si completano mai, rimanendo equilibri repressi.
Quel che Bazzana lascia emergere,
attraverso le sue strategie sullâinsistenza, è la storia recente del suo tempo,
ingigantito. La lente dâingrandimento che lâartista usa è la chimica delle
proprie, recenti tracce mnestiche. Il risultato è la rappresentazione di un nulla
positivo, fecondato dalle deformazioni del moto e disposto infine a germogliare
negli avanzi delle cose; riflesso bilanciato che segue gli equilibri della
gravitĂ .
Il fatto curioso, per Bazzana, è
che proprio mentre la ristrettezza della pratica sembra cominciare a svelare le
sue operazioni di smontaggio e assemblaggio di elementi meccanici, sâinsinuano
nei tre oggetti esposti alcune sovrastrutture, alcuni codici che, agli occhi di
chi guarda, rendono il suo linguaggio un concetto universale dimenticato. Ecco
dunque, nellâordine, le ultime tre invenzioni di Bazzana (
Nadi,
Relè e
Wave), cosĂŹ come recita la loro
presentazione: â
Progetti creati dallo stacco, dal salto, dallâattrito, dal
tentativo, dalla frenata e dallâidea del rumoreâ.
Il primo lavoro, fissato sulla
parete di sinistra, è
Nadi (o
Titti), una scultura nata dalla vicinanza di cinque freni
di bicicletta, ganasce metalliche poste in fila su un listello di legno. Lâasta
flessa, a qualche decina di centimetri dal muro, ricorda la protesi incombente
di una mano meccanica (vedi
Stelarc). Il secondo lavoro, creato
per mantenere lâequilibrio sulla parete frontale della galleria, è
Wave. Il titolo di questa installazione elettromeccanica è
tratto dallâondeggiante traccia nera che rimane sullâintonaco bianco dopo che
una bicicletta Atala-saltafoss, collegata a una batteria, registra i propri
infiniti scatti in avanti (le proprie scosse), consumando la gomma scura delle
manopole. Il terzo lavoro è la ripresa oggettiva e fotografica del salto, volo
tipico delle auto della Contea di Hazard
, che
per lâoccasione è
stato doppiamente incorniciato e immortalato su unâimmagine a bassa
risoluzione.
Questi tre progetti provengono da oggetti dâuso quotidiano, riconvertiti in sistemi
di ipnotizzazione del tempo; la loro funzione iconica è quella di rendere
gloria a un periodo particolare degli anni â80. Quando, secondo Bazzana, la
separazione dellâoggetto dal suo piano dâappoggio rappresentava â
il
momento in cui lâombra perde il contatto con lâoggetto, il momento in cui lâombra
è unâaltra cosaâ.